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IL VINO COME LA NEW ECONOMY ? LA CORSA ALL’ORO DI QUESTI ANNI E’ DESTINATA AD UN BRUSCO RISVEGLIO. PAROLA DI PRODUTTORI

Italia
Momento magico per le cantine italiane. E in futuro ?

La sensazione di vivere un momento magico, la convinzione di poter guadagnare molto ed in fretta, i prezzi che lievitano senza più remore o controllo, la corsa forsennata all’acquisto dei vigneti: tutto questo vi ricorda qualcosa ? Nell’osservare con attenzione la fase che sta attraversando il mondo del vino si possono trovare molte analogie con il periodo d’oro della new economy, ovvero poco prima che tutto il comparto virtuale legato alle nuove tecnologie scoppiasse irrimediabilmente. Certo, in quel caso c’era di mezzo la Borsa. Eppure, anche se il vino è legato alla concretezza della terra, e i tempi sono necessariamente più dilatati, qualche produttore comincia a parlare di bolla speculativa.
In Borsa una “bolla speculativa” si determina quando un gran numero di compratori vede nell'acquisto di determinati titoli la possibilità di enormi ed immediati guadagni. Il fenomeno si autoalimenta perché la gente ci si butta, giustificando la bolla stessa. In questa corsa all’acquisto, il valore dei titoli cresce sempre di più, ma a mano a mano che il fenomeno prende piede il rapporto fra prezzo e rendimento diventa sempre più incredibile, non mantenibile e non giustificato. Facendo un parallelo con il mondo dell’enologia, molti di coloro che si sono lanciati al galoppo sulla strada della “new economy del vino” potrebbero rischiare di rimanere prima o poi disarcionati. Negli ultimi anni i prezzi delle bottiglie hanno infatti continuato inspiegabilmente a salire, mentre in realtà il mercato sta attraversando un momento di fiacca, come dimostra il primo trimestre 2003. Si moltiplicano i produttori che si buttano sul mercato con vini appartenenti alle fasce di prezzo più alte, ma la richiesta mondiale di vini di altissimo costo e di nicchia non può continuare inarrestabile la sua crescita. La verità è che solamente pochissime etichette, di grande prestigio, possono permettersi di stabilire il prezzo che vogliono, tutti gli altri che si affannano per l’innalzamento dei prezzi come se fosse l’unica strada per la qualificazione delle loro produzioni, creano solamente danni al sistema vitivinicolo italiano. Non tutti infatti sono Gaja, Biondi Santi, Caprai o Fonterutoli, non tutti hanno brand famosi nel mondo, con un’immagine consolidata da anni (se non in qualche caso da secoli).
Secondo Fausto Peratoner, uno dei migliori enologi/manager d’Italia, alla guida della trentina Cantina La Vis (nel 2002, 35 milioni di euro di fatturato): “Negli ultimi anni sono stati fatti nel mondo del vino molti investimenti non realistici, che non tengono conto della reale possibilità di posizionamento del prodotto sul mercato. Il problema non è tanto di aziende già consolidate, che hanno una propria rete di distribuzione, quanto di nuove iniziative nate sull’onda dell’euforia, che non hanno tenuto conto di un fatto importante: non ci sono spazi per assorbire, almeno nel breve-medio termine, tutte le bottiglie immesse sul mercato. Ecco perché rischiamo di trovare, tra 5 o 6 anni, splendide cantine in vendita, quelle che sono state forse un po’ troppo ottimiste rispetto all’attuale congiuntura economica”.
L’allarme sui prezzi lo aveva lanciato, per primo, nei mesi scorsi, Ezio Rivella, presidente dell’Unione Italiana Vini, subito seguito da molti altri produttori e giornalisti, che forse fino a quel momento non avevano trovato il coraggio di gridare che sì, il re era nudo. Come aveva giustamente sottolineato Rivella, il rischio che corrono tanti neo-arrivati, dopo aver comprato in fretta e furia vigneti e cantine e dopo essere usciti con bottiglie da 50/60 euro, è quello di non soddisfare più le fasce medie del mercato, di non inserirsi nella grande distribuzione organizzata, di non essere più competitivi nel rapporto qualità/prezzo rispetto ai concorrenti internazionali, che non aspettano altro che occupare quelle aree di mercato insoddisfatte dall’offerta italiana. E non è un segreto che stiano cominciando ad affacciarsi anche da noi ottimi vini cileni, australiani e californiani che costano pochi euro; non è un caso che le grandi aziende (quelle intelligenti ...) diversifichino la loro produzione puntando su più target di prezzo (basti pensare ad Antinori, la cui strategia ha fatto scuola, sia nella produzione sia nell’immagine).
Del resto oggi il consumatore è molto più preparato e maturo rispetto al passato, ed è perfettamente in grado di fare una valutazione qualità/prezzo sul prodotto, consapevole che bere bene a prezzi giusti è possibile. Il vino è diventato ormai un fenomeno di costume, rimbalzato da tutti i media, dai quotidiani alla televisione, i corsi di degustazione si moltiplicano, frequentati da migliaia di persone in tutta Italia. Ma che succederà una volta passata la moda ? Forse è l’ora che i vignaioli comincino a cercare la giusta via di mezzo tra mercato di nicchia e mercato di massa …

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