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IL VINO MADE IN ITALY E’ AUMENTATO DI UN GRADO, PER COLPA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI: ARGOMENTO DI SCENA DOMANI A VINITALY CON IL CONVEGNO “CLIMA E VINO: RISCHI E PROSPETTIVE DI UNA RELAZIONE PARTICOLARE” BY COLDIRETTI, CITTÀ DEL VINO E GREENPEACE

Il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni anche per effetto dei cambiamenti climatici che si sono verificati nella Penisola dove la temperatura media nel 2011 è stata superiore di 1,5 gradi rispetto al 1980, facendo peraltro segnare in questo arco di tempo alla colonnina di mercurio ripetuti livelli di caldo record mai verificatisi negli ultimi 2 secoli. Emerge da un’analisi della Coldiretti a Vinitaly dove, domani 26 marzo, è di scena l’incontro “Clima e vino: rischi e prospettive di una relazione particolare”, insieme a Città del Vino e Greenpeace.
Numerosi - sottolinea la Coldiretti - sono i casi di disciplinari di vini a denominazione che negli ultimi anni si sono adeguati al cambiamento modificando i limiti minimi di gradazione alcolica sia al nord dove per la Barbera d’Asti si è passati per il base da 11,5 gradi a 12 e per il superiore da 12 gradi a 12,5 mentre al sud per l’Aglianico del Vulture la gradazione minima naturale delle uve alla vendemmia è passata da 11, 5 gradi a 12,00 per il Superiore Docg a 13,00 gradi.
Il surriscaldamento ha determinato - continua la Coldiretti - un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre e viene smentito quindi - sottolinea la Coldiretti - il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti. E perde valore anche - precisa la Coldiretti - l’antico adagio “a San Martino ogni mosto diventa vino” poiché sono diventate estremamente rare le uve non ancora raccolte per quella data. Non è un caso - continua la Coldiretti - che si sta discutendo, dopo oltre venti anni, di anticipare di quasi una settimana la data per stappare il vino novello fissata per legge in Italia il 6 di novembre nel 1989. Ad esempio nell’ultima vendemmia - sottolinea la Coldiretti - l’inizio della raccolta delle uve destinate al prestigioso spumante metodo classico Franciacorta è partita addirittura il 5 agosto a Coccaglio in provincia di Brescia nell'azienda agricola Faccoli mentre le uve piu’ tardive come l’Aglianico e il Nebbiolo sono state raccolte entro ottobre, in netto anticipo rispetto agli anni ’80 quando per le stesse varietà si arrivava anche a fine novembre.
Negli ultimi 30 anni - spiega la Coldiretti - le sommatorie termiche in Italia sono aumentate in modo significativo (in tutta l’Italia settentrionale, ad esempio, di circa il 20 per cento), soprattutto nei mesi estivi con più elevate e prolungate temperature massime principalmente nel mese di luglio. Oggi le uve ottenute da viti di equivalente produttività, appaiono caratterizzate da gradazioni zuccherine frequentemente più elevate di 2-4 gradi brix, con acidità titolabili inferiori, di circa 1-2,5 grammi/litro. Di fatto il vigneto Italia - precisa la Coldiretti - produce adesso uve piu’ precoci, meno acide e piu’ dolci rispetto al passato.
Gli effetti del surriscaldamento sulle uve di fronte alla tendenza generale al consumo di vini meno alcolici stanno spingendo i produttori - sottolinea la Coldiretti - alla ricerca di soluzioni agronomiche ed enologiche che comportano maggiori oneri in termini economici, dall’anticipo di vendemmia all’irrigazione, dalle potature verdi alla vendemmia notturna che è diventa stata sempre piu’ frequente nei vigneti, mentre in cantina si usa sempre meno mosto concentrato e si ricorre alla refrigerazione per ridurre le temperature dell’uva e controllare la fermentazione. Il caldo cambia anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite anche a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni piu’ alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop. Una conferma che “la vite grazie alla sua capacità di adattamento è un patrimonio di biodiversità da preservare perché rappresenta una delle colture piu’ adatte a sfidare i cambiamenti climatici”, ha affermato il presidente Coldiretti Sergio Marini.
“Se è difficile prevedere gli effetti del cambiamento climatico a breve termine nel medio e lungo periodo c’è però un buon margine di tempo per pensare ed introdurre soluzioni possibili. A rischio sono gli stessi territori del vino che potrebbero perdere l’aspetto a cui siamo abituati, fino a situazioni limite in cui zone di produzione ad oggi fra le più vocate, potrebbero addirittura scomparire”, ha affermato il presidente delle Città del Vino, Giampaolo Pioli.

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