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L’EUROPA A 25 PAESI: AUMENTA LA CONCORRENZA VINICOLA. GLI ENOLOGI VEDONO QUALCHE RISCHIO NEL MERCATO DEL VINO, DOPO L’INGRESSO DI ALTRI 10 PAESI NELLA UE

Italia
Giuseppe Martelli

L'apertura dell’Unione Europea a 10 nuovi Paesi porterà vantaggi o svantaggi al vino italiano? Qualche problema l’avremo, secondo l’Associazione Enologi Italiani, l’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici del settore vitivinicolo, che si appresta al Congresso a Reggio Calabria, dal 25 al 28 giugno (il tema? “E’ l’ora di poche leggi chiare e snelle che premino la qualità ed il mercato”; e, quindi, argomenti come la riforma della 164/92, il vino italiano a stelle e strisce tra mercati e normative, la possibilità di accisa sul vino e gli Usa locomotiva del vino italiano).

“Estonia, Lettonia, Lituania, otto milioni di abitanti, hanno una buona capacità d'acquisto, non producono vino e sono quindi ricettivi a nuove importazioni - spiega Giuseppe Martelli, direttore generale dell’Associazione Enologi Italiani - ma gli altri Paesi (67 milioni di abitanti), alcuni dei quali producono vino, sono quasi tutti in fase di sviluppo e pertanto, fatta eccezione di una esigua fascia di benestanti, oggi non hanno possibilità di spesa. Pertanto, mentre i primi potranno assorbire subito alcune quote di mercato, per i secondi occorrerà attendere”.

Qualcuno sostiene che la grande distribuzione europea, entrando con nuovi punti vendita nei mercati di questi dieci Paesi, veicolerà la produzione dei prodotti tipici, fra cui ovviamente il vino. “Questo è vero - continua Martelli - ma l’Italia non ha una sua grande distribuzione da esportare, nel senso che le catene sono francesi, tedesche, inglesi, americane e queste, sicuramente, prima di dare grandi spazi ad altri, cercheranno di imporre i loro prodotti. I più importanti gruppi come Teseo, Sainsbury, Carrefour, Geant Casino, Lidl, Aldi e via dicendo si sono già da tempo mossi, così come il colosso americano Wal-Mart, per non parlare di un hard discount portoghese che sembra abbia già aperto 650 punti vendita solo in Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. Non avendo noi italiani questi supporti ritengo che, nonostante quello che si dice, il percorso non sarà in discesa”.

C’è poi la concorrenza produttiva: chi con 1 milione di ettolitri, come la Slovenia e la Repubblica Ceca, chi con 4 milioni, come l’Ungheria, chi con quantità inferiori come Malta e Cipro. Guarda caso però tutti hanno già chiesto a Bruxelles di incrementare sensibilmente la superficie vitata. Se a questo aggiungiamo i bassi costi di manodopera e la relativa vicinanza o sudditanza a certi mercati, il discorso potrebbe farsi complicato per il vino italiano.

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