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L'INTERVENTO - IL PRESIDENTE DI SLOW FOOD, CARLO PETRINI: “SALVAGUARDARE PER TRASMETTERLE TUTTE LE CONOSCENZE CONTADINE E ARTIGIANALI CHE TROPPO SPESSO ARCHIVIAMO COME DESUETE, NON MODERNE, E CHE DIMENTICHIAMO CON TROPPA LEGGEREZZA”

Italia
Carlo Petrini, presidente di Slow Food

... Non è soltanto l’idea di terroir, con le sue specificità, le sue caratteristiche, il suo fascino, a rendere così importante questa opera di raccolta, ricerca e catalogazione (anche tramite Internet) - e che probabilmente non ha pari in altri territori altrettanto prestigiosi - del Museo della comunità di Montalcino (realizzata da Stefano Cinelli Colombini e dalla Fattoria dei Barbi, ndr), territorio a cui sono molto legato. Quel che più mi preme rimarcare e che più mi sembra meritorio è il tentativo di mettere insieme, per salvaguardarle, per trasmetterle, tutte quelle conoscenze contadine e artigianali che troppo spesso archiviamo come desuete, non moderne, e che quindi dimentichiamo con troppa leggerezza. Territorio non soltanto come prodotto da vendere al turista o da esportare dunque, ma territorio come tessuto vivo, fatto di storia, d’uomini con le loro conoscenze, di tradizioni con il loro preciso significato, d’attività che hanno ancora molto da insegnare.

Vedete, è facile rendersi conto delle trasformazioni che hanno subito le nostre campagne in soli cinquant’anni: i contadini erano quasi il 50% e oggi sono il 7% della popolazione attiva; pratiche agronomiche molto più moderne si sono sostituite a quelle antiche, spazzando via prodotti, materie prime, savoir faire e gran parte di quella cultura che oggi viene definita “minore”. Canti, racconti, usanze, feste, consumi, piccole parsimonie, gastronomia: tutto relegato in una dimensione folcloristica, priva d’ogni tipo di dignità “alta”. Tutto che diventa materia di studio per l’antropologia e per l’etnografia che trattano la vita dei nonni al pari del quotidiano di culture primitive o molto lontane dalla nostra. Secondo me, dimenticare con tanta leggerezza, per un anelito di modernità e verso la liberazione dalla vita grama di campagna dei nostri avi, non è operazione saggia, non ci rendiamo un buon servizio.

Chi più chi meno, oggi, gli agricoltori sono alle prese con problemi ambientali, si rendono conto che nuovi metodi intensivi cominciano a creare problemi di varia natura, si stanno domandando che fare per riavere dignità e per riconquistare un rapporto organico e non conflittuale con il territorio. L’abbondanza di prodotti chimici, la tendenza alla monocultura o agli allevamenti intensivi che li riducono allo stato di semplici operai nelle mani di grandi industrie, sta segnando il passo e sempre più si sente l’esigenza di nuovi modelli d’agricoltura. Modelli più sensibili all’ambiente circostante, sostenibili per la natura, gratificanti e remunerativi in virtù di una produzione eccelsa e fortemente caratterizzata.

Penso che in quest’ottica, nel tentativo di raggiungere quest’obiettivo, l’antico bagaglio culturale di un territorio, dei nostri contadini e artigiani, si possa rivelare insostituibile. L’operazione museale di Montalcino, in questo caso, penso non abbia soltanto a che fare con la nostalgia o con un prurito archeologico, ma rappresenta invece uno sforzo caratterizzato da un’estrema modernità. Gran parte di ciò che è presente in questo museo contiene le idee per rinnovare la nostra agricoltura. E non si tratta soltanto di questo territorio generoso, abitato da gente che ne ha saputo cogliere i frutti con capacità, senza comprometterlo: si tratta di tutte le nostre campagne, dove la rincorsa produttivista, anche nel mondo del vino, ha fatto e rischia di fare danni irrecuperabili. Non ci resta dunque che ringraziare gli artefici di quest’operazione e che goderci questa raccolta viva, meditando sul rapporto che avevamo con la nostra terra e che purtroppo facciamo fatica a ricostituire.


Carlo Petrini - Presidente di Slow Food

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