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LA CRISI DEL VINO ITALIANO PARTE DAL PINOT GRIGIO: LE OSSERVAZIONI DEI PIU' GRANDI OPERATORI

Italia
Crisi o lentezza commerciale negli scaffali?

Il vino italiano inizia a segnare battute d’arresto. Quelle che fino a qualche settimana fa erano solo delle mezze frasi dette in silenzio, per questioni scaramantiche o di vera e propria omertà, oggi sono numeri chiari che evidenziano un mercato per il vino italiano in netto rallentamento. Il primo vino che sta dando chiari segnali di rottura è il Pinot grigio. Non crediamo sia certo un caso che il primo vino del nostro Paese ad entrare “in riserva” sia l’unico varietale italiano, cioè con un nome non legato al territorio. Un vino che in questi ultimi anni ha conosciuto una crescita impressionante che ha fatto gola a molti, forse a troppi. Basti pensare che in Italia si è passati dai 6.000 ettari del 2000 agli oltre 10.000 attuali e molti ottenuti per sovrainnesto su altre varietà per accelerare l’entrata in produzione (per una produzione annuale di circa 1,5 milioni di ettolitri).

Un successo commerciale, quello del Pinot grigio, che ha provocato negli ultimi anni una grande tensione sui prezzi per una disponibilità di produzione inferiore alla richiesta. Il trend di crescita del prezzo del Pinot grigio italiano in questi anni ha pochi eguali nel nostro Paese. Basti osservare, ad esempio, l’andamento del valore dei vini sfusi italiani dal 1992 ad oggi: il Pinot grigio è tra i vini italiani che in questi ultimi anni ha conosciuto la crescita più forte.

Prezzi decisamente interessanti che hanno alimentato, purtroppo, anche frodi di notevoli dimensioni (Chardonnay che si trasforma, come per incanto, in Pinot grigio), peraltro annualmente scoperte dagli organismi di controllo. I principali responsabili del successo di questi ultimi anni del Pinot grigio sono gli Stati Uniti. E proprio dall’analisi di questo mercato, parte il primo segnale d’allarme per il nostro sistema vitivinicolo. A lanciarlo sono stati per primi Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini, Giacinto Giacomini, direttore generale della Cavit, Maurizio Ferri, presidente di Bolla spa e Stefano Graziani, presidente di Medea, l’organizzazione che raggruppa i più importanti intermediari italiani nel settore vino, nonché presidente dell’Unione Italiana Vini del Veneto. Quattro operatori fortemente coinvolti sui mercati internazionali, e quindi osservatori ideali, per capire cosa sta succedendo al vino italiano e, in particolare, al Pinot grigio. “Iniziamo subito con il dire - ci spiega Pedron - che negli Usa il tasso di crescita del Pinot grigio importato sta progressivamente scendendo: dal +60% di due anni fa, infatti, siamo passati al +25% dell’ultimo anno al +15% delle ultime 4 settimane. E bisogna tenere presente che non sono ancora sul mercato gli aumenti di prezzo necessari per compensare il diverso rapporto di cambio euro/dollaro, attualmente pari al 27-28%”. “Se poi aggiungiamo che - prosegue Pedron - in due anni la produzione di Pinot grigio californiano è passata da praticamente zero al 17% del totale si capisce bene come il nostro prodotto rischia gravemente di uscire dal mercato”.

“Non va inoltre dimenticata - evidenzia Pedron - la crescente concorrenza anche del Pinot grigio ungherese, soprattutto sui mercati inglese e tedesco. Tutti questi aspetti, insieme alla continua crescita del costo della materia prima e alla progressiva tendenza alla diminuzione del prezzo del Pinot grigio americano - spiega Pedron - sta rendendo sempre meno competitivo il Pinot grigio italiano”.
Giacomini (Cavit) si dice molto preoccupato per la crescita incontrollata del prezzo del vino italiano e molto meno dell’ingresso sul mercato di prodotto internazionale. “Non mi fa paura - sottolinea Giacomini - che gli Usa stiano incrementando la loro produzione di Pinot grigio, anzi, lo ritengo un fatto positivo. Quello che a me spaventa è che la filiera vitivinicola italiana non ha nessun mezzo per gestire la politica dei prezzi. La rincorsa al rialzo di questi ultimi anni è stata decisamente eccessiva e adesso con la spada di Damocle della supervalutazione dell’euro sul dollaro Usa rischiamo veramente di finire fuori mercato”. “Oggi il Pinot grigio italiano, sui punti vendita negli Usa - continua Giacomini - è mediamente su una fascia dai 6,99 agli 8,49 dollari (escluso Santa Margherita con quotazioni vicino ai 14 dollari). Se saliamo ulteriormente il nostro vino non è più interessante”. “Il fatto - prosegue Giacomini - che gli Usa produca Pinot grigio non è necessariamente penalizzante per le nostre produzioni che devono però arrivare su questo mercato con valutazioni reali e non speculative”.

“Tutta la filiera deve fare un passo indietro - evidenzia Giacomini - a partire dai prezzi della materia prima. Non dobbiamo dimenticare che si tratta comunque di una igt che consente da disciplinare notevoli produzioni e sono quindi ingiustificati costi della materia prima di questi livelli”. “Non è assolutamente giustificabile - aggiunge Ferri della Bolla a questo riguardo - ad esempio, che il prezzo delle uve di Pinot grigio sia tre volte superiore a quello del Soave. Si tratta di aumenti che vanno solo a chi produce le uve e non a chi gestisce i marchi”. Ferri si è detto fortemente preoccupato, sottolineando come “quest’anno per la prima volta, dopo anni di crescita, le nostre esportazioni di Pinot grigio negli Usa caleranno”. Anche per Ferri, il primo responsabile di questo calo è la crescita folle dei prezzi: “Inutile negarlo - spiega Ferri - nel nostro Paese la filiera vitivinicola non funziona e non siamo in grado di controllare i prezzi”. Per il presidente della Bolla, inoltre, l’impatto del cambio euro/dollaro sarà difficilmente gestibile: “Non possiamo certo illuderci - sottolinea Ferri - che riusciremo a gestire una supervalutazione dell’euro di quasi il 30% solamente contraendo i nostri costi di produzione. Per questi potremmo arrivare solo ad riduzione al massimo del 3%”. Il suo augurio è che si riesca ad arrivare anche per il sistema vino Italia ad una migliore gestione della crescita dei prezzi. “Ogni anni,infatti, sono accettabili - spiega Ferri - aumenti contenuti. Da noi, invece, abbiamo crescite esasperate per 3 o 4 anni e poi crolli disastrosi. Se fossimo riusciti a gestire meglio la crescita del Pinot grigio, ad esempio, oggi la nostra vitivinicoltura avrebbe avuto una freccia importante e una risorsa utile anche nel futuro pure sul mercato americano”.
Gli Stati Uniti sono sicuramente un mercato importante per i nostri vini e si tratta quindi di segnali che non devono essere assolutamente sottovalutati. “A questo proposito - aggiunge Giacomini - nei primi due mesi di quest’anno il trend di crescita delle importazioni di vino negli Usa è stato, in quantità, del 20%. La Francia ha registrato un +17%, l’Italia si è fermata ad un +7%. Ma la crescita maggiore l’ha registrata l’Australia con ben un +53%. Se si continua con questo andamento entro breve tempo potrebbe essere proprio il vino australiano a scavalcare negli Usa sia il nostro che quello francese”.
Per Stefano Graziani di Medea, il caso Pinot Grigio è una sorta di punta dell’iceberg alla cui base c’è, più in generale, l’inizio di una vera e propria crisi per il vino italiano. La gravità di questa situazione, secondo Graziani, è accentuata dal fatto che avviene in una campagna che ha evidenziato “la più scarsa vendemmia degli ultimi 50 anni”. “Una vendemmia così scarsa in termini di volume - spiega Graziani - che aveva spinto ad un approvvigionamento rapido con una conseguente lievitazione dei prezzi”. “Eppure - prosegue Graziani - nonostante questa scarsità di prodotto e questa rincorsa all’approvvigionamento, oggi molti vini che erano stati ordinati non sono ancora stati ritirati e le giacenze in numerose cantine aumentano. E questo è il segnale più evidente del rallentamento dei consumi”. “Alla luce di tutto ciò - sottolinea Graziani - molti importanti produttori italiani, impegnati in particolare nell’export, hanno deciso di aprire un dialogo con gli industriali e si sono dichiarati disponibili ad un abbassamento dei prezzi del 15-20%”. “E tutto questo - aggiunge Graziani - proprio per evitare quella crescita esasperata e incontrollata dei prezzi e i successivi crolli disastrosi che il nostro settore vitivinicolo ben conosce ma che spesso dimentica”.

“Per questa ragione - evidenzia Graziani - spero veramente che questa situazione legata al Pinot Grigio faccia percepire a tutti i produttori che la situazione è grave ed è fondamentale innescare dei meccanismi di gestione dei prezzi in un’ottica di prospettiva e non più speculativa. Non bisogna dimenticare, infatti, che il crollo del Pinot Grigio avrebbe conseguenze negative su tutta la filiera vitivinicola italiana che si trascinerebbero per numerosi anni”.

“La vicenda Pinot Grigio - conclude Graziani - indica chiaramente che è finito il gioco speculativo e che è necessario oggi intraprendere una nuova strada per conservare il nostro patrimonio vitivinicolo e la nostra competitività, altrimenti si corrono rischi enormi”.

Furio Pelliccia

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