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LA TOSCANA VA DAL "DOTTORE" ... DA SEMPRE ABITUATA AD ESSERE LA PRIMA DELLA CLASSE, DA QUALCHE ANNO CHINA LA TESTA AL PIEMONTE. I PERCHE' ANALIZZATI DA UN FOCUS SULLA VITICOLTURA TOSCANA, ORGANIZZATO DA "SPIRITO DI VINO", CON ENOLOGI, PRODUTTORI E GIORNAL

Abituata ad essere la prima della classe, regina delle guide e del bicchiere, la Toscana del vino ha dovuto lasciare, una volta ancora, lo scettro al rivale di sempre, il Piemonte. La sfida degli annuari 2005 si è ìnfatti risolta, quasi senza partita, a favore del "Barolo and friends". Se sul risultato finale hanno pesato non poco due annate particolarmente difficili come il 2002 e il 2003, la sconfitta presta comunque il fianco a una doverosa riflessione sul significato di "Bere Toscana" oggi. Così, intorno a questo tema, si è concentrata "Focus Toscana 2005, il vino a un bivio", una tavola rotonda e degustazione condotta da Guido Ricciarelli di "Spirito di Vino" e che ha visto sfilare i vini toscani più premiati dalle guide.

Dal Brunello di Montalcino Cerretalto 1999 di Casanova di Neri, unico vino toscano a mettere d'accordo le Guide secondo l'indagine svolta da WineNews (www.winenews.it), fino al Vin Santo del Chianti Rufina 1995 di Frascole, tirato in sole 800 bottiglie, passando per il Cabernet Sauvignon
Federico Primo 2003 di Gualdo del Re, il Syrah Il Bosco 2003 dei Tenimenti Luigi D'Alessandro, il Masseto 2002 della Tenuta
dell'Ornellaia, il Chianti Classico La Casuccia 2001 del Castello di Ama ed il Brunello 2000 de La Rasina.

Ma l'evento fiorentino ha avuto soprattutto il pregio di mettere intorno ad uno stesso tavolo produttori, enologi, giornalisti e curatori delle guide. Cosa davvero rara, specie di questi tempi, che se anche non ha prodotto una ricetta finale univoca ha permesso un confronto schietto quanto necessario. Gli enologi Carlo Ferrini e Stefano Chioccioli hanno indicato nell'esigenza di conciliare qualità ed originalità di espressione il più importante fattore critico di successo. Non dimentichiamo gli enormi passi fatti dalla Toscana - hanno commentato Ferrini e Chioccioli - dagli anni '70 a oggi quando fare il vino era tutta un'altra cosa. Abbiamo dato vita a una vera e propria evoluzione della nostra viticoltura, la Toscana oggi è un esempio da seguire per il resto del mondo.

"Serve uno sforzo culturale degli enologi" ha affermato Ernesto Gentili (curatore Guida Vini d'Italia de L'Espresso) rilevando in una certa omologazione stilistica l'elemento di vulnerabilità più forte della produzione regionale che inoltre, a leggere le guide, conta il maggior numero di vini di fascia alta. "Certo - ha aggiunto - dobbiamo anche essere consci che non possiamo piantare Sangiovese ovunque, serve il vitigno giusto al posto giusto". Secondo Carlo Macchi (Curatore Guida Vini Buoni d'Italia) "è la vigna che deve fare la differenza" ed ha poi esortato le aziende a non squilibrare i budget di investimento verso le tecnologie di cantina. Ed un richiamo al valore della tradizione interpretato in chiave proattiva dai produttori è emerso anche da un accorato Daniel Thomases (curatore Guida I Vini di Veronelli).

"Non si può più barare" ha puntualizzato Marco Pallanti del Castello di Ama, riferendosi senza eufemismi alle contraddizioni che caratterizzano il comprensorio del Chianti Classico. All'insegna dell'ottimismo l'intervento di Leonardo Raspini di Ornellaia che, partendo dalle consapevolezze acquisite sulle nostre potenzialità, invita a coltivare sempre il desiderio di migliorarsi.

Leonardo Roselli

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