Arrampicarsi lassù a 400 metri. Lasciar vagare lo sguardo tra Stromboli e Capo Peloro (detto anche punta del Faro), l’ingresso nord dello stretto di Messina, segnalato appunto da un faro. Vedere il Mar Ionio e il Tirreno “abbracciarsi”, intrecciandosi con la storia e i miti di Scilla e Cariddi. Poi tornare con gli occhi alla terra, una terrazza nel blu dove le viti vengono accarezzate dal vento e scendono le loro undicenni radici nei suoli sabbiosi e argillosi, protette da due casematte (i fortini rifugio dei soldati durante le guerre, da cui deriva il nome dell’azienda). Gianfranco Sabbatino e Andrea Barzagli, un po’ “teste matte” lo sono anche loro: matti per il vino (e per la vite-vita), che a Sabbatino ha fatto abbandonare la sua carriera di commercialista, contagiando pure il giocatore juventino (si erano conosciuti ad una festa a Palermo e Gianfranco contribuì alla “formazione enoica” del campione, inviandogli buoni vini). Nel 2008 diventano soci: quote ugualmente divise, come sottolinea Gianfranco, un vulcano di simpatia e di passione. Fin dall’inizio scelgono il biologico, oggi proprietari di 11 ettari, da subito sostenitori della Doc Faro (vitigni principali: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Nocera) con il loro fuoriclasse, Faro. Il Nanuci ‘17, Nocera 100%, è la novità di quest’anno. Fragrante e intenso (note di ribes, pepe), abbraccia forza e struttura con freschezza e lunghezza.
(Alessandra Piubello)
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