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LE CITTA’ DEL VINO APRONO SHOWROOM A SHANGHAI E TRAINANO I PICCOLI PRODUTTORI … E L’AZIENDA ITALIANA CHE HA INVESTITO NEL PAESE DELLA GRANDE MURAGLIA, SELLA & MOSCA, RACCONTA “IL DOLCE SAPORE DEL VINO, ULTIMO STATUS SYMBOL IN CINA”

Italia
Il vino italiano verso la Grande Muraglia

Un minimo di vendite di 100.000 bottiglie all’anno nel paese della Grande Muraglia: è la stima della domanda cinese di vino “made in Italy” che spinge le Città del Vino ad aprire il primo showroom a Shanghai, città simbolo del nuovo corso economico e finanziario della Cina. L’annuncio è stato dato dal direttore generale delle Città del Vino, Paolo Benvenuti (info sul progetto: panke@cittadelvino.com).

L’inaugurazione dell’Italian Wine Gallery Shanghai, uno spazio-vetrina di 240 mq a Gubai Road, è per settembre. Le aziende vitivinicole aderenti potranno delegare le procedure di esportazione alle società italiane, la Itc di Milano e la Xiyoutrade di Lodi con il partner cinese Shanghai Yuanshuo International Trade.

Il vino fungerà da battistrada per l’internazionalizzazione di altre produzioni tipiche dei 540 comuni che saranno successivamente ospitate nel primo showroom cinese dell’associazione.

“Vogliamo dare l’opportunità alle produzioni vitivinicole nazionali più piccole - ha detto a Roma il presidente di Città del Vino Floriano Zambon - di raggiungere il mercato a più alto potenziale in Oriente. La nuova via commerciale vedrà protagonisti i vini italiani che saranno presentati, agli operatori locali e alla grande distribuzione nelle 29 province della Cina, insieme a iniziative promozionali dei paesaggi e della cultura del vigneto Italia, connubio di qualità enologica e di attrazione turistica che rende unico e competitivo il made in Italy”.


La storia - Il dolce sapore del vino,

ultimo status symbol in Cina


Gabriele Scarpin non si lamenta per essere una piccola goccia nel vasto oceano vinicolo cinese. Dopo sei anni di attività della sua azienda, la Sella & Mosca Co., con sede a Qingdao (Cina nordorientale), solo ora stanno cominciando i veri affari. L’azienda, creatrice anche della propria marca - la Catai - ha i propri vigneti che fruttano 360 tonnellate di vino l’anno, una piccola proporzione se paragonata alle 400.000 tonnellate di vino consumate ogni anno dai cinesi. E’ evidente, perciò, come la sopravvivenza di quest’azienda italiana in un mercato dominato da costose importazioni e vino locale a buon mercato sia un miracolo, soprattutto se si pensa al destino ben peggiore toccato a molte altre aziende straniere più piccole.

La Sella & Mosca ha fatto, ufficialmente, la sua comparsa nel mercato cinese nel 1999. Fino al 1980 non esisteva, infatti, una vera e propria industria vinicola in Cina. Solo dopo gli anni ‘80 il Governo ha cominciato a prestare attenzione a quei vigneti che giacevano da tempo abbandonati nelle province costiere dello Shandong e dello Hebei (Cina nordorientale). Agli occhi di quei pochi cinesi di allora il vino era oggetto esotico da mettere in mostra sugli scaffali ma non da gustare, per quello bastava il baijiu, un tipico alcool cinese ricavato dal grano. Poi, nel 1996, con la diffusione delle notizie sugli effetti negativi del baijiu per la salute nonchè la sua presunta futura estinzione, anche il governo ha cominciato a incoraggiare il consumo di vino. Lo stesso Li Peng, ex premier cinese, ha invitato a usare il vino per i brindisi durante i banchetti del Partito. Così, non solo sono aumentate le importazioni ma, con l’espansione della nuova borghesia cinese, il vino è diventato addirittura uno status symbol, “il segno di riconoscimento dell'elite urbana cinese”, come sostiene anche Patricio de la Fuente Saez, direttore della Links Concept di Hong Kong.

“Quello che vogliono ora i cinesi sono un frigo, un’automobile e una bottiglia di buon vino sul tavolo. Questo significa che ce l’hai fatta”, ha detto Saez al settimanale americano “Time”. Tuttavia, anche se così fosse, il cinese medio arriva a bere solo 0,3 litri di vino l’anno, se paragonato ai 12 litri degli americani e i 59 litri dei francesi. L’odore dei soldi ha spinto, quindi, gli investitori a cercare un modo di trasformare la Cina in una nazione di amanti del vino. Sempre più esperti cinesi del settore stanno creando dei vini che possano competere con quelli di importazione straniera, creando delle proprie cantine e importando tutto, dalle viti agli esperti, dall’estero. Basti pensare ai tre più grandi produttori di vino cinesi - Dynasty, Changyu e China Great Wall - che controllano attualmente circa la metà del mercato vinicolo del paese. Tutti concordano però sul fatto che conquistarsi la fiducia dei consumatori cinesi sarà cosa ardua.

“Il più grande ostacolo alla crescita della Cina come produttore di vino è l’assenza di regole”, dice Saez. La lunga storia di imitazioni di scarsa qualità fa sì che siano in molti a non avere più fiducia in ciò che bevono. “Tutti in Cina vogliono bere del buon vino di vecchia data. Il problema è che semplicemente non esiste. Le viti cinesi non sono abbastanza vecchie per poter produrre vini che valga la pena conservare per più di tre anni”, secondo Wu Shuxian, una ben nota critica di vini. Wu si sta impegnando affinché ciò che è considerata una bevanda esotica di elite diventi qualcosa di meno alieno al popolo cinese. Xia Guanli, capo della Qingdao Huadong, fondata nel 1985, ha notato una forte crescita nel gradimento del vino da parte dei cinesi. “All'inizio i nostri vini erano esportati soprattutto in America e Australia, ora vendiamo esclusivamente a dei clienti cinesi”, afferma Xia. “Bisogna indirizzarsi verso il mercato di alto livello”, sostiene invece Gabriele Scarpin. I suoi clienti sono, infatti, hotel a cinque stelle e ristoranti di tendenza, con una vendita di 500.000 bottiglie all’anno. Tuttavia, la maggior parte dei cinesi tende ancora ad acquistare vini mediocri dalle aziende più grandi. “Per ora la priorità resta quella di spingere la Cina a bere più vino”, afferma He Wei, un distributore della Suntime International con sede nel Xingjiang, e sottolinea: “solo allora, quando il mercato sarà più maturo, penseremo a promuovere il sapore”.

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