Il Cornalin è un altro di quei vitigni autoctoni italiani che ha rischiato di scomparire: espiantato o, alla meglio, tollerato come “uva da taglio” per migliorare altri vini, è infine sopravvissuto e rinato (storia già sentita), grazie a chi ha intuito che meritasse una sua dignità. La sensibilità di Gualtiero Crea e Liana Grange ha colto il suo potenziale e ne ha messo in bottiglia una versione succosissima da uve (stra)mature: il naso viene accolto da una composizione di more e di lamponi appena colti, di viole e di rose al massimo della loro voluttà floreale, accompagnata delicatamente dal legno di liquirizia. Lo si attenderebbe opulento in bocca, invece questo Cornalin disseta che è un piacere, rivelando un attacco salino che dà pienezza al sorso, senza mai contraddirne la snellezza. È, insomma, un vino che dà benessere, coerente con Les Granges, questa piccola azienda agricola a 360 gradi, che vive di pochi ettari (4 in tutto) e che da pochi anni ha sviluppato anche il lato agrituristico. La posizione aiuta: sopra Nus, panoramica, in pieno sole...dà respiro. I vigneti sono fra i 500 e i 700 metri di altezza e l’approccio è quello olistico della biodinamica (dicevamo, la posizione aiuta): pochissimi interventi in vigna (rigorosamente manuali, con l’aiuto della fitoterapia) e in cantina (lievitazioni spontanee, nessuna filtrazione, pochi solfiti), massima concentrazione sulla fertilità del suolo.
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