Strano destino quello del Solaia, incontestabilmente uno dei grandi Cabernet del mondo, ma poco citato o discusso in Italia. Sarà perché è apparso, quasi alla chetichella e in quantitativi molto piccoli (solo tremila bottiglie nel 1978), quando la casa distribuiva già il Sassicaia dei cugini bolgheresi di San Guido. O sarà che ha trovato competizione in casa con la creazione del Guado al Tasso. Fatto sta che, comunque, se ne parla poco, anche se l’Antinori non ha sbagliato nulla sin dalla vendemmia del 1996. Senza contare che il 2012 e 2013 hanno sfiorato la perfezione. E ora c’è il 2015, altra annata superba, calda, ma con un vino che assomiglia di più al più fresco 2013 nella setosità e nella sensualità dei tannini, ma con una carica aromatica ancora più importante - ufficialmente il Cabernet Franc è il 15% del blend finale, ma non sorprenderebbe se fosse leggermente aumentata nel 2015. La presenza del Sangiovese aggiunge sapidità e una nota vibrante al Cabernet Sauvignon, che in Toscana alle volte rischia pesantezza. Grandi profumi, comunque, di cassis e mirtilli, catrame e liquerizia, leggere, ma gradevolissime, note di timo e origano. Ideale l’equilibrio al palato, ampio, profondo, vellutatissimo, una materia che riempie la bocca e la gratifica. Dicono che la perfezione non sia di questo mondo, ma questa versione di Bordeaux può competere con i maggiori del globo terracqueo.
(Daniel Thomases)
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