L’enologo Maurizio Alongi (che cura, fra gli altri, i vini di Centopassi) ha scelto di diventare produttore in prima persona con umiltà, riportando in vita un vigneto semiabbandonato, posto in una posizione a dir poco impervia. Senza tanti clamori, ma con la semplicità rigorosa delle cose fatte bene, ha compiuto realmente quei passi che rendono il mondo del vino così affascinante e, troppo spesso, più “narrati” che effettivi. Per questo il suo Chianti Classico Vigna Barbischio è già diventato un piccolo grande vino nel panorama del Gallo Nero. Semplicemente perché è vero. Siamo nella sottozona di Gaiole in Chianti e il borgo di Barbischio fa quasi ombra al vigneto vecchio di cinquanta anni di Alongi, coltivato in mezzo ad un bosco, a 500 metri di altitudine su terreni arenarici, con ceppi di Sangiovese, Canaiolo e Malvasia Nera. Da qui arriva un unico vino, un Chianti Classico Riserva che, ancora per tornare alla semplicità delle cose ben fatte, riposa sì in legno (tonneau) ma, passa anche moltissimo tempo in bottiglia prima della sua uscita (almeno più di un anno). Già con la sua prima annata, la 2015, il Vigna Barbischio non è passato inosservato. Con la versione 2019, troviamo un vino ancora più autorevole, dai tratti aromatici di erbe aromatiche, piccoli frutti rossi e pietra focaia, che anticipano un sorso agile e succoso, continuo nella sua vivacità e nella sapidità dei suoi tannini.
(fp)
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