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EDITORIALE

MGA un esempio per tutto il vino italiano

Territorio: Barolo

Non nascondiamocelo: il Barolo e dunque il Piemonte enoico ha centrato un obbiettivo importante con le sue Menzioni Geografiche Aggiuntive. Un traguardo che dovrebbe essere, pur nella diversità di situazioni e territori, appunto, perseguito da molte altre zone del Bel Paese enoico, anche se, purtroppo, il cerchio non pare che si chiuda a breve in nessun’altra denominazione. Il primo effetto, probabilmente “sottotraccia” ancorché adombrato sul piano del messaggio da sacrosante parole d’ordine come “originalità” e “riconoscibilità”, è quello della valorizzazione delle etichette del Barolo. Processo lungo, ancora in fieri, che trova, per adesso, una sua evidenza nel prezzo dei terreni (nei migliori Cru, per un ettaro si parla di oltre 2 milioni di euro). E pensare che l’operazione, andata in porto nel 2010 (nel 2007 per il Barbaresco), ma anticipata pionieristicamente negli anni Sessanta da personaggi come Renato Ratti, era, anche da alcuni top player dell’areale, considerata come un “tradimento” della tradizione perché storicamente il Barolo era ottenuto dalle uve provenienti dai vari Cru. Oggi, per fortuna, le MGA sono diventate importantissime, in un mercato sempre più sensibile alla originalità e alla riconoscibilità dei vini, e finalmente i “barolisti” senza vergogna guardano con grandi aspettative all’interpretazione “alla piemontese” di quell’arte, tutta francese, che mancava (manca) alle nostre latitudini. Un lavoro, quello fatto sulle MGA, che ha dato la possibilità ad aziende con piccole parcelle di vigna di innalzare il proprio livello qualitativo e d’immagine e di consolidare il posizionamento a chi invece aveva preferito, in passato, una politica tutta sul marchio. Non è cosa da poco.

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TAG: BAROLO

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