Le Vernaccia di Elisabetta Fagiuoli tengono testa ai rossi toscani, perché è lei stessa donna e vignaiola tenace e fiera, a Montenidoli dal 1965 coltivando solo autoctoni. Le sue tante interpretazioni di quest'uva regalano ad essa un caleidoscopio di letture infinito, grazie alla conoscenza profonda che la produttrice ha di questo vitigno. Quindi non è solo l'acciaio il mondo della Vernaccia, quasi a volerla relegare per forza in una beva veloce e di corta memoria. Il Carato è la prova reale di quanto l'uva della città delle cento torri sappia trovare nel legno un ottimo alleato. A patto che lo si sappia usare come fa Elisabetta: il mosto fiore fermenta spontaneamente in legno, grazie alla presenza di lieviti autoctoni. Si prosegue quindi con la fase di affinamento finale, in cui il vino rimane a riposare per 12 mesi sulle fecce fini in legno, sino a quando non è ritenuto pronto per venire imbottigliato. Un nome che nasce da un'idea di Luigi Veronelli che prese spunto dai caratelli usati in Toscana e che voleva sottolinearne la preziosità: in effetti è un vino che ricorda l'oro nel colore; al naso ha sentori speziati e agrumati con richiamo all'odore del galestro bagnato. Sa di mallo di noce e di erbe di campo. In bocca cresce in materia e intensità, voluttuoso anche ma orgogliosamente secco e tagliente. L'eleganza è la sua cifra e il tempo che passa un ottimo compagno di attesa in cantina.
(Francesca Ciancio)
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