Dietro a una "piccola" uva c'è spesso una storia antica e lunghissima. E per piccola non si intende di poco valore, ma semplicemente molto circoscritta. È il caso del Bianchello del Metauro, autoctono marchigiano che cresce in pochi comuni del Pesarese. La sua origine parrebbe risalire all'avanti Cristo ed è citato da Tacito che racconta della sconfitta dei Cartaginesi ad opera dei Romani a causa di una sbornia a base di Bianchello presa dall'esercito di Asdrubale. Supposizioni storiche a parte, quest'uva, geneticamente, deriverebbe dal Trebbiano, ma l'esistenza così remota sui territori tra Pesaro e Urbino - un'areale che va dal mare fino a 1700 metri di altezza - ne fa un'uva dalle caratteristiche peculiari. Ne sa qualcosa Claudio Morelli, che al Bianchello dedica gran parte del suo lavoro di vignaiolo con l'omonima azienda a Fano dalla fine degli anni '70 del secolo scorso. Più di venti ettari di proprietà e sei diversi vigneti dedicati al Bianchello con diversi microclimi. Quello scelto da noi, il Borgo Torre, è tra i più lontani dal mare - circa 35 chilometri - è ha la stoffa del vino "di montagna". Pur partendo da un'uva piuttosto neutra, ritroviamo dei terziari accattivanti e un bouquet delicato di fiori bianchi. L'acidità non è il suo forte, ma gioca bene la partita della mineralità. Può contare anche su una materia glicerica avvolgente, pur facendo solo acciaio.
(Francesca Ciancio)
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