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Nel Barolo si discute sull’allargamento della zona di produzione: il Consorzio di Tutela ha chiesto alla Regione 30 ettari in più nel 2018 (su oltre 2100 attuali). Ma la Cia si oppone. La storia su “La Stampa” firmata Roberto Fiori

Italia
Nel Barolo si discute sull’allargamento della zona di produzione

Parlare di allargamento di una zona di produzione di un grande vino è sempre un tema delicato. Se poi il vino in questione è il Barolo, uno dei più pregiati del mondo, che ha nel legame con il territorio uno dei suoi punti di forza assoluti, e dove il valore di un ettaro iscritto Barolo, oggi, va da 1 a 1,5 milioni di euro, con punte a 2 milioni per i cru più prestigiosi, diventa delicatissimo. E infatti, come riportato dal giornalista Roberto Fiori sul quotidiano “La Stampa” dell’11 dicembre 2017, (https://goo.gl/67htNp), ha già diviso le opinioni la richiesta del Consorzio del Barolo, fatta alla Regione Piemonte (che salvo sorprese darà il via libera) di aumentare per il 2018 la superficie di vigneto da coltivare a Nebbiolo da Barolo, autorizzando 30 ettari di nuovi impianti (o di riconversioni), 10 in più di ciò che è stato concesso nel 2017. Una quota minima, poco più dell’1% rispetto ai 2112 ettari oggi a Barolo, che però ha portato la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori e alcuni produttori dai nomi importanti, come Maria Teresa Mascarello ed Elio Altare, ad una levata di scudi. Il tutto in un quadro comunque assai florido, riporta fiori, con un 2017 che si chiuderà con una crescita delle vendite (per il sesto anno consecutivo) nell’ordine del 7%, giacenze al minimo, lo “sfuso” quotato 8,5 euro al chilo, e le uve remunerate a 5 euro al chilo.
Un aumento di superficie controllato e ben valutato, spiega il presidente del Consorzio, Orlando Pecchenino. “A fronte di 437 domande di ampliamento che ci sono arrivate, per un totale di 127 ettari, ci è sembrato opportuno alzare un poco la soglia per consentire ai nuovi produttori e alle aziende più piccole di accedere a un mercato in salute, ma senza snaturare la denominazione o creare effetti negativi sulle quotazioni”, dichiara a “La Stampa”. Eppure, la Cia è nettamente contraria: “non si può parlare solo di ettari in più o in meno, correndo dietro al mercato. La zona di riferimento è fragile e va governata in modo lungimirante. È incredibile che si vogliano aumentare gli ettari con un costo medio della bottiglia che rimane invariato. Dovremmo lavorare per aumentare la qualità del prodotto e alzare il prezzo bottiglia. Con questo atteggiamento andiamo nella direzione opposta, a discapito di chi oggi produce un prodotto di qualità”, dichiarano il vice presidente Cia Cuneo, Claudio Conterno, e il direttore Igor Varrone.
Posizione, come detto, sposata appieno da Altare e Mascarello, che fanno parte della Cia, ma non del Consorzio. Ma la maggioranza dei produttori aderenti al Consorzio, spiega Pecchenino, è favorevole, “ anche se siamo tutti consapevoli che è indispensabile un controllo”.
Tra i produttori favorevoli, che ha fatto sentire la sua voce, c’è Pio Boffa, alla guida della storica Pio Cesare, che sottolienea come non sono 10 ettari in più o in meno che possono sminuire la qualità ed il prestigio del Barolo, e non solo: “sfido chiunque a dire che quando il Barolo aveva 3,5 milioni di bottiglie stava meglio di oggi che ne ha 14 milioni. L’immagine e la qualità la fanno le etichette, le aziende che garantiscono il prodotto e vanno in giro per il mondo a venderlo”.
Insomma, uno scontro di vedute come tanti ce ne sono nei grandi territori del vino. E che, come sempre, sarebbe superabile con il buon senso, come sottolinea, da osservatore, lo stesso Roberto Fiori a WineNews: “che si debba lavorare di più sul valore della bottiglia per limitare il più possibile la circolazione di prodotto sfuso è un discorso condivisibile, ma sul fronte dell’aumento degli ettari non si parla di una crescita indiscriminata delle superfici, ed il Consorzio ha fatto le sue valutazioni con l’appoggio della stragrande maggioranza dei produttori”.

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