Comunque la si metta, con tutti i discorsi plausibili (e talvolta abusati) sulla tipicità o persino sull’eroismo di alcuni produttori impegnati in ambiti difficili, sia per la viticoltura sia per tutto ciò che le ruota attorno, fatto sta che quando ci si occupa della Valtellina (e soprattutto dei suoi risultati enoici migliori) c’è la costante e doverosa necessità di metterne in fila più d’una, per collocare nitidamente a fuoco i caratteri più peculiari di una produzione coi fiocchi. A partire dal vitigno principe: quel Nebbiolo (qui denominato Spanna) che se non è l’uva autoctona per eccellenza del nostro Paese, è comunque collocato sul podio da sempre. Per poi magari proseguire con un territorio che fa delle asperità e degli spigoli pedoclimatici il tratto distintivo di vini solidi ma inizialmente chiusi, schivi e restii a facili letture. Nino Negri è l’azienda meritoriamente più celebrata della zona: acquisita da alcuni anni dal Gruppo Italiano Vini, e oggi diretta da Danilo Drocco (dopo il collocamento a riposo di Casimiro Maule, punto di riferimento per tutta la viticoltura valtellinese), muove ancora a dama con i suoi campioni. Fra cui lo Sfursat: vero simbolo aziendale, straordinario nei suoi toni di rosa, viola, cassis, amarena, prugna e chiodo di garofano. Con bocca foriera di un tannino fitto ma elegantissimo, dalla polpa materica ma succosa, equilibrata e persistente.
(Fabio Turchetti)
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