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NO DELLE REGIONI ITALIANE AL “CHIANTI CALIFORNIANO”: BOCCIATA ALL'UNANIMITÁ L’IPOTESI DI UN ACCORDO TRA UE, USA E AUSTRALIA

No al Chianti fatto in California o al Barbera australiano: le regioni italiane all'unanimità si ribellano all'accordo che l'Unione Europea sta per firmare con Stati Uniti e Australia e che permetterà a questi Paesi di continuare a usare nomi di vini Doc e Docg. In una conferenza con Federdoc, l'associazione che riunisce l'80 per cento dei Consorzi italiani, il coordinatore delle Regioni in materia vitivinicola Nicola Marmo ha chiesto al Ministro delle Politiche Agricole Gianni Alemanno di "contestare con ogni mezzo questa decisione".

"I nostri vini - ha aggiunto - sono prodotti inimitabili e non devono essere imitati". "Le Regioni non ci stanno - ha proseguito la vicepresidente e assessore all'Agricoltura della Lombardia Viviana Beccalossi - non possiamo accettare questo accordo e soprattutto che sia l'Unione Europea a spianare la strada a chi piratescamente cerca di rubare il nostro vino". Economicamente l'accordo per l'Italia, dove il giro d' affari del vino è di otto miliardi di euro, sarebbe disastroso, secondo il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro.

"Il vino - ha detto - rappresenta il 70% delle nostre esportazioni a valore e questo ci dovrebbe far riflettere". Anche perché il vino italiano, secondo il presidente, è legato al territorio di produzione. All'estero il Chianti è sinonimo delle colline della Toscana e anche di qualità, una qualità che non sempre si trova nei prodotti stranieri. "Il nuovo accordo - ha spiegato Ricci Curbastro - permette di accettare tutte le pratiche enologiche, quindi anche l'uso di viti che fermentando producono metanolo". Ma non solo, definisce anche come semigeneriche denominazioni come Chianti o Chablis e non solo permette di usare queste definizione a chi già le sfrutta all'estero, ma lo consente anche a chi registra le etichette entro 90 giorni dalla firma del trattato. Si tratta di un accordo deciso da una parte perché al Wto non si è ancora trovato un accordo sulle denominazioni di origine, ma anche perché negli Stati Uniti dal 1 gennaio entrerà in vigore una legge che rende ancora più complicate le procedure per vendere nel Paese prodotti stranieri, a meno che non ci siano accordi bilaterali.

"Questa - ha concluso Ricci Curbastro - è come una pistola appoggiata sul tavolo della trattativa. Qui c'é per noi l'interesse nazionale da difendere: il vino è un patrimonio del Paese come il Colosseo".

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