Cannonau, questo sconosciuto. Nell’immaginario dell’eno-appassionato collegato indissolubilmente a certi territori, e in realtà vitigno tra i più diffusi al mondo, e nel bacino del Mediterraneo in particolare, in più areali diversi per identità e tradizioni. Altrettanto superficialmente associato a un’immagine stereotipata di vino “grosso”, di tannino scorbutico e gradazioni alcoliche fuori dalle righe; dotato di nerbo, certo, ma confinato a priori in questa ruspante rusticità. Eppure chi non si fa condizionare da questi preconcetti non finisce di scoprirvi sorprese e piacevolezze. Metti una maggiore consapevolezza in chi lo coltiva, l’accettare la sfida di esprimere tante personalità territoriali irripetibili attraverso un vitigno che si considerava solo prono alla precoce ossidazione. Aggiungi la voglia di sperimentare della famiglia Casadei, e il coraggio di scommettere su un territorio, il Campidano, non certo famoso per la produzione vinicola. Ed ecco questo vino dove la delicatezza della vinificazione in anfora esalta il patrimonio aromatico delle uve coltivate in regime biodinamico con la consulenza di Adriano Zago. Un sorso gradevole, dal frutto intonso che si ritorna al palato; solo in apparenza tutto morbidezze, che altrimenti la beva non sarebbe così distesa e rilassata. Goduto in un’inattesa giornata novembrina che riecheggiava la primavera, come quella che questo vitigno sta vivendo.
(Riccardo Margheri)
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