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UE, AGRICOLTURA E VINO

Pac post 2020, 365 miliardi per l’Europa, 36 per l’Italia (-2,7 miliardi). Tagli anche per il vino

Il settore mantiene la specificità della sua Ocm, ma perde risorse. I commenti di Federvini ed Unione Italiana vini
FEDERVINI, PAC, TAGLI, UNIONE ITALIANA VINI, vino, Italia
Non piacciono i tagli alla Pac, neanche al mondo del vino, che mantiene però la sua specificità

365 miliardi di euro per il 2021-2017 (il 30% del bilancio Ue), rispetto agli oltre 400 della programmazione precedente: a tanto ammonta il budget proposto dalla Commissione Ue per la prossima Politica Agricola Comunitaria, la prima post Brexit, che oggi con la presentazione ufficiale della proposta di riforma è entrata davvero nel vivo del suo percorso. Un taglio del -5%, secondo la Commissione, che secondo il Parlamento, tra convergenza, inflazione e non solo, arriverebbe ad un impatto reale del -15-20% per ogni Paese, soprattutto nei pagamenti diretti. Tagli contro cui, già oggi, i Ministeri dell’Agricoltura di Spagna, Francia, Irlanda e Portogallo, insieme ai rappresentati di Finlandia e Grecia, hanno espresso la loro contrarierà, invitando altri a farlo, e che già ieri il Parlamento Ue aveva bocciato. Per l’Italia, secondo le fonti comunitarie, il taglio sarebbe di 2,7 miliardi a prezzi correnti, il 6,9% in meno della programmazione che finisce nel 2020. Al Belpaese, tra il 2021 ed il 2027, sarebbero assegnati 36,3 miliardi di euro, di cui 24,9 miliardi in pagamenti diretti, 8,9 miliardi per lo sviluppo rurale e 2,5 miliardi per le misure di mercato. Tagli che le organizzazioni agricole, Coldiretti in testa, giudicano insostenibili per il settore, come non piace, in particolare a Confagricoltura, la proposta di inserire un tetto massimo di finanziamento per le imprese, nell’ottica di favorire quelle più piccole. Tra gli altri punti previsti dalla riforma Pac, che a molti non piacciono, anche il ritorno di alcune competenze specifiche ai singoli Stati membri, altro punto su cui ieri l’Europarlamento (il cui assenso, insieme a quello del Consiglio, è fondamentale per il via libera alla riforma) si è espresso in maniera nettamente contraria.
In tutto questo, la buona notizia, per il mondo del vino, come anticipato dai rumors WineNews dei giorni scorsi, c’è il mantenimento della specificità dell’Ocm, con il settore vitienologico che è rimasto l’unico, in Ue, ad averne una dedicata. Ma il taglio generale del budget, ovviamente, colpirà anche i produttori d’Europa, in misura, anche in questo caso, stimata nell’ordine del -5% (poiché i tagli previsti sono orizzontali, per Paese e per settore agricolo), ma tutta da capire nel suo impatto reale.
Una proposta di riforma Pac, che il Comité Européen des Entreprises Vins, che mette insieme 24 organizzazioni di categoria al livello Europeo, che rappresentano oltre il 90% delle esportazioni, definisce “poco ambiziosa”, pur compiacendosi del mantenimento delle misure specifiche per il vino, “inclusi i Piani Nazionali di Sostegno al settore vitivinicolo”, ha commentato il presidente Jean Marie Barillère. Con il Comitè che sottolinea come, dalla sua introduzione nel 2008, l’Ocm abbia contribuito alla crescita del settore, arrivato nel 2017 ad un export di 11,3 miliardi di euro.
“Ma le proposte della Commissione - commenta Barillère - sono da considerarsi quantomeno conservative, ed in questo quadro la riduzione del budget complessivo della Pac è un ulteriore brutta notizia per il vino”.
Tuttavia, tra gli aspetti positivi, c’è l’apertura ad elementi “di flessibilità sul sistema della autorizzazioni di impianto. E sebbene questo non risolva i problemi attuali, è un segnale che va nella direzione giusta”, ha commentato il segretario Ceev, Ignacio Sánchez Recarte. Posizioni, quelle della Ceev, condivise in larga parte delle due più importanti organizzazioni di categoria a livello italiano, Federvini ed Unione Italiana Vini.

“Prima di tutto dobbiamo capire bene di quanto si ridurranno realmente gli importi - commenta il dg Federvini, Ottavio Cagiano - poi continuiamo a sostenere l’orientamento di mercato, che vuol dire porre grande attenzione alla promozione nei Paesi terzi e alle misure di intervento per favorire l’export, ma non dobbiamo dimenticare l’importanza di fare formazione ed informazione anche all’interno dell’Ue, sia sul fronte del consumo moderato di alcol, materia in cui il vino è fondamentale, che del valore economico e culturale del vino anche nei mercati europei. E riteniamo che sia importante il ruolo di ogni singolo Paese nella gestione delle risorse, ma il prospettato ritorno di competenze ai singoli membri, sia un pretesto per tornare a rifrazionare la politica europea del vino, con norme troppo diverse da Paese e Paese, e neanche per ricreare delle differenze evidenti tra Regioni all’interno di ogni Stato”.
“Siamo convinti che la riforma della Pac e dell’Ocm vino rappresentino un’opportunità - ha commentato il presidente Unione Italiana Vini (Uiv), Ernesto Abbona - per migliorare, modernizzare e facilitare l’attuazione dei programmi nazionali di sostegno e rafforzare l’orientamento al mercato del settore. È impellente, inoltre, per l’Italia trovare una visione unitaria per adottare un Piano Strategico Nazionale, fondamentale per assumere una prospettiva di lungo periodo sulla promozione dei prodotti italiani all’estero. In questo senso sarà determinante il contributo del Ministero per le Politiche agricole e auspico che possa avere un ruolo attivo nel negoziato e in generale all’interno dell’Unione Europea”. Nella proposta della Commissione - continua Ernesto Abbona - apprezziamo il mantenimento dei Piani Nazionali di Sostegno e la misura promozione verso i mercati extra Ue, che mantengono la specificità finanziaria per il vino, come avevamo richiesto. Le misure dovranno essere finanziate da un budget ambizioso, in grado di far fronte alle future sfide del settore vitivinicolo, in primis internazionalizzazione e sostenibilità. In tal senso, un PNS decurtato del 5%, senza contare gli effetti dell’inflazione, potrebbe penalizzare gli investimenti. Apprezziamo qualche primo segnale di flessibilità in materia di autorizzazioni per i nuovi impianti viticoli, ma tuttavia non è sufficiente perché l’attuale sistema non consente la crescita delle dimensioni delle aziende italiane e non risponde alle esigenze di questo settore, il cui vigneto è tendenzialmente in declino. Come Unione Italiana Vini, chiediamo al Governo di pensare ad un Piano Strategico e di lavorare per non perdere il potenziale viticolo italiano. Sarebbe in questo senso utile pensare di creare una riserva nazionale per recuperare 20.000 ettari di diritti di reimpianto, che altrimenti andrebbero persi. Un’altra questione che ci preoccupa è quella che riguarda la mancanza di una “regia unica” a livello europeo e, nel nostro Paese, il rischio di frammentare la Pac a livello regionale vanificandone lo scopo. A questo proposito - conclude Ernesto Abbona - vogliamo richiamare l’attenzione del futuro governo, chiedendogli di farsi promotore di una visione unica che ci metta al riparo dai pericoli di una regionalizzazione”.

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