È una di quelle espressioni di Barbaresco che si affaccia al mondo in punta di piedi, con discrezione, ma con tutto l’orgoglio che nasce da una lunga storia. L’azienda ha origine nel 1796 con Benedetto Elia e l’acquisto da Pelissero della cascina a Neive, insieme a cantina e vigneti. Poi, via alla crescita. Iniziano le esportazioni (1898), che inducono nuovi sforzi: il Sorì Paitin vede la luce (e la prima bottiglia) nel 1893. Ma l’attività come la vediamo oggi è figlia della ripartenza - 1965 - ad opera di Secondo Pasquero Elia, basata sulla scelta di rivitalizzare il parco vigna con una bella selezione massale e l’acquisto di nuovi terreni. Oggi sono 17 ettari in tutto, ma è uno, o poco più, a far da base per questa Riserva, che vede la luce solo nelle migliori annate da piante sessantenni, frazione scelta di Serraboella, uno dei gioielli del mondo Barbaresco: suoli franco-limosi di tessitura finissima e faglie di marne di San’Agata (le più antiche del Miocene) ricche di fossili. Un cocktail geologico raffinato, capace di concentrare potenza ed eleganza in un vino imperdibile. Da lungo invecchiamento grazie a una profondità tannica avvolta da un frutto ampio e maturo, venato da fini nuance balsamiche e souvenir discreti dei legni. Rampollo dell’unico vigneto a sud di Neive e della sua porzione più alta e soleggiata, il Sorì, capace di amplificare e “riscaldare” la voce di questa terra magica.
(Antonio Paolini)
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