In pieno Piceno, dove una volta solo Rosso e Falerio avevano casa e nome, grazie al fresco apporto di un’onda di aziende per lo più giovani o nettamente ringiovanite dall’avvicendarsi generazionale interno, s’è compiuta in pochi anni una piccola – ma vera – rivoluzione. La separazione dei vitigni una volta allevati in campo misto o blendati in cantina, la parabola ascendente delle Passerine e soprattutto del Pecorino, la riscoperta della Grenache - qui nota come Bordò e presente da tempo, - la scelta sempre più ampia e diffusa della eco-compatibilità abbinata alla precisione delle pratiche in vigna, stanno dando risultati davvero significativi. Ne è un esempio questa misurata realtà a conduzione familiare (due sorelle attive, una delle due timoniera, il marito dell’altra a fungere da enologo), 13 ettari vitati dentro una superficie agricola più ampia, l’opzione convinta del bio e la devozione (ripagata) al Pecorino, dal nome specularmente rovesciato in etichetta esattamente come ribaltati dalla nuova visione sono stati i vecchi schemi produttivi. Onirocep, vino di suadente tessitura e struttura (quella soda del vitigno secondata senza devianze o depistaggi), dai golosi profumi di frutta gialla e macchia di ginestra, bocca piena, ampia, fatta per reggere disinvolta la prova del cibo (dal pesce adriatico alla carne bianca) ha nell’appena nato 2018 un calzante esempio di riuscita.
(Antonio Paolini)
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