Il La Fonte di Pianirossi mostra il potenziale che il Sangiovese può esprimere nella denominazione Montecucco, e che per motivi i più vari non ha ancora dispiegato. Le condizioni sono potenzialmente ideali affinché i vini si distinguano per profondità ed eleganza: i suoli vulcanici del Monte Amiata, l’escursione termica (il mare non è così lontano), l’esposizione dei vigneti migliori, la ventilazione costante. Eppure troppe volte le aspettative vengono deluse: per quieto vivere l’estensione della Docg ha incluso giaciture di fondo valle, inadeguate al raggiungimento della maggiore qualità; più di un’etichetta mostra errori di grammatica enologica, pecca di precisione, manca l’obiettivo della finezza nell’aspirazione a una maggiore estrazione, ecc. Ma non qui: sarà l’annata 2016, o la presenza di un enologo di vaglia come Carlo Ferrini, spesso ingiustamente accusato di essere responsabile di uno stile troppo internazionale, ma il risultato corrobora le affermazioni di chi paragona il Sangiovese al Pinot Nero. Il colore è più profondo della media, segno di buona maturità delle uve. Il naso sciorina con naturalezza ciliegia sotto spirito e fragoline di bosco, ma anche prugna e una nota quasi ematica. Il palato ha tannino di trama splendida, acidità integrata nella suadenza, equilibrio, un saporito allungo che fa ripartire il frutto da centro bocca. Perché non ce ne sono di più di Montecucco così?
(Riccardo Margheri)
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