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PIERO ANTINORI: “AL VINO NON SERVE LA BORSA”. I RITMI DIVERSI TRA LA NATURA E RISULTATI OPERATIVI TRIMESTRALI … MA C’E CHI CI CREDE, COME IL GRUPPO ITALIANO VINI

Italia
Piero Antinori

“Non abbiamo mai pensato alla quotazione in Borsa. Un’azienda che produce vino difficilmente può rispondere all’obbligo di presentare risultati operativi a scadenza trimestrale”. Lo ha dichiarato il marchese Piero Antinori, proprietario di una delle più importanti aziende vinicole nazionali. Il marchese, oltre ad escluderlo per la sua azienda, lo sconsiglia anche altre alte realtà vitivinicole che abbiano come obiettivo primario la ricerca della qualità: “il vino, come tutte le attività legate all’agricoltura, non sempre può rispettare i tempi stringenti dei mercati e della finanza, a volte è necessario aspettare e rimandare. Per chi produce vino è meglio cercare altre forme di finanziamento”. Ad esempio con i private equity, fondi d’investimento che possono intervenire in un determinato momento per un determinato progetto, senza imporre tutti gli obblighi che i mercati finanziari inevitabilmente richiedono.

Le parole del marchese Antinori, però, sembrano andare in controtendenza rispetto a quanto espresso e fatto, negli ultimi tempi, da altri soggetti del mercato vinicolo italiano. Il Gruppo Italiano Vini (Giv), ad esempio, ha da poco scorporato i propri asset commerciali in una società a parte, lasciando terre e i vigneti sotto il controllo e la proprietà dei soci della cooperativa. La riorganizzazione, a quanto pare, potrebbe avere come esito la quotazione a Piazza Affari della divisione commerciale. Anche Frescobaldi, altro importante gruppo toscano, ha dichiarato di non escludere la soluzione borsistica per trovare nuove risorse. In Italia hanno già varcato la soglia di Piazza Affari l’azienda vinicola guidata da Andrea Donà dalle Rose (gruppo Zignago) Santa Margherita e Sella & Mosca, controllata dalla Campari.

Nerina Rocco

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