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POLEMICA UMBRIA-TOSCANA PER IL SAGRANTINO. CAPRAI: “SE QUESTO E’ FEDERALISMO, REGIONI SI DIANO CODICE ETICO”. RONCONI: “ATTO DI PIRATERIA AGRICOLA”. MA RIVELLA: “NOMI DEI VITIGNI NON SI POSSONO PROTEGGERE”

Si è accorto quasi per caso, Marco Caprai, l’imprenditore vitivinicolo unanimente considerato l’“inventore” del Sagrantino di Montefalco, che la Regione Toscana aveva approvato una delibera che estende al proprio territorio la possibilità di coltivare questo vitigno. Un atto che, se non proprio una “guerra” dai toni violacei dello strafamoso vino umbro, rischia comunque di aprire un conflitto tra le due regioni. “Ieri sfogliavo una rivista specializzata - racconta Caprai all’Ansa - ed ho letto la delibera in questione, pubblicata il 29 settembre, nel Bollettino ufficiale della Regione Toscana. La prima riflessione che ho fatto è stata: ma se questo è il federalismo, bisogna che ci mettiamo dei limiti”. La proposta di Caprai è che le Regioni italiane “fatto un elenco delle produzioni cosiddette “tipiche” da difendere e valorizzare, si diano una sorta di codice etico che veramente le tuteli, evitando, come in questo caso, comportamenti quanto meno pirateschi”.

La seconda considerazione di Caprai su questa vicenda è che “in Umbria, chi doveva accorgersi di tutto questo non lo ha fatto, a cominciare dal consorzio territoriale, fino alla Regione”. L’imprenditore, che riferisce di “aver già parlato della cosa alla presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti”, fa rilevare che “sia l’Umbria sia la Toscana hanno fatto della tutela dei rispettivi prodotti tipici un loro punto di forza. Ma ora è proprio la Regione Umbria che si deve muovere - ribadisce Caprai - esercitando una sorta di moral suasion verso le altre regioni italiane affinché non si ripetano più episodi di questo genere. Anche perché non vorrei che, alla Toscana, si aggiungessero anche altri. Non conosco - ribadisce Caprai - i motivi precisi che hanno indotto la Toscana a fare questa scelta, ma quel che è certo è che serve un modello di concertazione diverso, altrimenti i più piccoli, come l’Umbria, rischiano di pagare i prezzi più alti. E poi, se ci si comporta così rispetto ai “fratelli” italiani, è inutile fare battaglie contro le odiatissime multinazionali”.

Il distretto del Sagrantino di Montefalco si estende su 700 ettari di vigneti e fattura una media di 20 milioni di euro l’anno. L’azienda agricola Caprai coltiva vitigni su una superficie di 150 ettari e fattura 5 milioni di euro l’anno. Da una quindicina d’anni ha rilanciato il Sagrantino di Montefalco sui mercati mondiali, realizzando una sorta di “banca” dei genotipi dai quali sono stati estratti i biotipi in selezione, clonandone una cinquantina per la sperimentazione. Quello del Sagrantino è considerato esempio classico della valorizzazione di una varietà autoctona di vitigno. Il Sagrantino con Chianti e Barolo è ormai considerato a livello mondiale uno dei “grandi vini” italiani.


Il j’accuse del Presidente della Commissione Agricoltura del Senato, Maurizio Ronconi: “E’ pirateria agricola; interessi economici non chiari”

E’ “gravissima”, secondo il presidente della commissione agricoltura del Senato, Maurizio Ronconi, la determinazione della Regione Toscana di inserire il Sagrantino, famoso vino umbro, tra i vitigni caratteristici di quella regione.

Ronconi parla di “vero e proprio atto di pirateria agricola che evidentemente è stato determinato soprattutto da interessi economici non molto chiari”, dichiarando di attendersi “una ferma presa di posizione da parte della Regione Umbria, che insieme al territorio del Sagrantino, è vera parte lesa”. Ronconi, in una nota, ricorda “la battaglia che la stessa Regione Toscana intraprese contro il Montepulciano d’Abruzzo, e se l’impegno deve avere una coerenza c’è da attendersi un ripensamento verso il grave atto deliberativo che riguarda il Sagrantino”.

Ronconi annuncia l’intenzione di “intraprendere ogni iniziativa consentita per difendere l’origine territoriale del Sagrantino”, per evitare che l’iniziativa della Toscana assuma “un valore emblematico, introducendo un principio assolutamente deflagrante nella produzione e nella commercializzazione di vini tipici”.


Ezio Rivella: “I nomi dei vitigni non si possono proteggere”

Ezio Rivella, uno degli enologi-manager italiani più famosi nel mondo, non ha dubbi: “i nomi dei vitigni non si possono proteggere né in Italia ne all’estero. La decisione della Toscana, anche se non è troppo “gentile”, non può essere condannata nessuno. Per evitare casi come questo, non c’è altra via che puntare sul nome del territorio (Barolo, Barbaresco, Chianti) e non del vitigno (Sagrantino, Brachetto, Picolit …)”.

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