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Quali sono i vitigni più coltivati al mondo? In Europa? E in Italia? Chi produce più barbatelle? Quali le varietà più richieste? L’analisi di WineNews con Vivai Cooperativi Rauscedo, il più grande vivaio viticolo del mondo

Italia
Vitigni d’Italia e del mondo, numeri e tendenze nell’analisi di WineNews, con il leader Vivai Rauscedo

I vitigni più coltivati al mondo ? In Europa ? E in Italia ? Chi produce più barbatelle al mondo ? Quali le varietà più richieste ? Una serie di domande dalla risposta non scontata perché i dati sono frammentari, poco aggiornati e spesso contrastanti. Eppure sapere queste cifre risulterebbe un elemento importante sia dal punto di vista dell’analisi economica che da quello dell’analisi sociale. Perché il vino è uno di quei beni sempre meno definibile, sospeso tra l’essere commodity o oggetto voluttuario o perfino investimento finanziario. WineNews ha cercato di sistematizzare i dati disponibili e più recenti e, attraverso il prezioso aiuto di Eugenio Sartori dg Vivai Rausceo, leader mondiale del settore (www.vivairauscedo.com), ha tracciato una sorta di linea guida sul futuro del vino, che proprio dal suo elemento fondamentale, il vitigno, può raccontare anche quello che diventerà.
Secondo i dati dell’Università australiana di Adelaide che ha censito in tutto il mondo 1.271 varietà di vitigni (in totale oltre 6.000, molte delle quali coltivate in Italia), i due vitigni più diffusi al mondo (dato 2010) sono il Cabernet Sauvignon e il Merlot, seguiti dall’Airen, dal Tempranillo e dallo Chardonnay. Una “top five” sostanzialmente diversa dalla rilevazione dello stesso istituto per l’anno 1990, che vedeva occupati i primi cinque posti nel seguente ordine: Airen, Garnacha tinta, Rkatsiteli, Sultaniye, Trebbiano.
Un cambiamento che, a ben guardare, riflette inevitabilmente l’evoluzione del mondo del vino mondiale, che si accinge a superare anche la situazione attuale. Il mondo del vino, infatti, si muove costantemente, perché il consumo è influenzato dalle mode, perfino dai cambiamenti climatici, passando per l’evoluzione dei gusti. I mutamenti, insomma, compresi quelli che si verificano sulla terra coltivata a vigneto, sono costanti e, in questo caso, hanno uno svolgimento a medio termine e meno immediatamente leggibile, anche se presente.
“Il lavoro di un vivaio come il nostro spiega - Eugenio Sartori, dg Vivai Rausceo - non può più essere basato su progetti a breve respiro. Dobbiamo pensare anche noi come un’azienda vitivinicola, guardando alle evoluzioni del mercato e ad ogni cambiamento che il vino subisce o favorisce per i motivi più disparati. Produciamo oggi 75 milioni di barbatelle e siamo il primo produttore al mondo (il secondo è il francese Guillaume con 12 milioni di barbatelle). Ma i nostri mercati di riferimento sono la Spagna, La Francia e il Portogallo. Come dire, i Paesi dove il vino è ormai un elemento consolidato. Poi vengono i Paesi dell’ex Urss e, in misura ancora piccola, la Cina”.
Sono 201.318.807 le talee di varietà di uva da vino e da tavola prodotte nel 2015 dagli oltre 500 vivaisti dello Stivale, di cui 18.206.040 franche e 183.112.767 innestate, secondo i numeri pubblicati dal Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria). La Glera, alla base del sistema Prosecco, con 15.445.261 unità, è il vitigno più riprodotto, seguito da Pinot Grigio, con 11.407.364, e dal Sangiovese, con 10.905.485 unità. Ma nei vivai italiani vengono prodotte anche 18.159.238 talee da 177 varietà di uva da vino e da tavola presenti in registri di altri Paesi Ue che, non potendo essere utilizzate in Italia, vengono esportate nei Paesi d’origine delle gemme utilizzate per la produzione della piantina stessa. Le più innestate sono il Macabeu (3.418.436 innesti), una delle varietà spagnola a bacca bianca, e l’Airen (1.415.906), anch’esso a bacca bianca e pure lui spagnolo.

“Siamo abituati a vedere il mondo del vino come quello esclusivamente rappresentato dalle etichette importanti - afferma Sartori - ma il consumo del vino, quello dei grandi numeri, è alimentato da vitigni come quello spagnolo Arein, che, benché sia prodotto meno che in passato, rappresenta sempre una base imprescindibile per la costruzioni di vini da beva e dal prezzo molto basso. In questo tipo di produzione - prosegue Sartori - gli Spagnoli continuano ad essere maestri. Il consumo del vino aumenta o diminuisce sempre in rapporto al potere d’acquisto e, di questi tempi, vitigni adatti alla produzione di vini base, come da noi il Trebbiano, potrebbero diventare ancora protagonisti”.

In Italia, al primo posto c’è saldamente il Sangiovese che copre 53.865 dei 637.634 ettari vitati del Belpaese (dati Unione Italiana Vini e Corriere Vinicolo). La grande famiglia dei Trebbiani è al secondo posto con 42.144 ettari, mentre il Catarratto, a quota 32.222 ettari, è terzo. Segue il Montepulciano, 27.434 ettari allevati con questa varietà nel 2015. Ci sono poi la Glera, a 26.571 ettari e il Pinot Grigio, a 24.501.
“Si tratta di una tendenza, quella della crescita della domanda di varietà a bacca bianca - sottolinea Eugenio Sartori dg Vivai Cooperativi Rauscedo - che anche le nostre vendite riproducono in modo pressoché analogo. Si tratta però di una tendenza che interessa soprattutto l’Italia, anche se, per esempio il 60% delle nostre esportazioni di barbatelle verso Cina e Paese dell’ex Urss è rappresentato da vitigni a bacca bianca. In Italia, direi che si sta verificando una specie di esplosione di richiesta soprattutto di Glera e Pinot Grigio. Una crescita della domanda che interezza sostanzialmente il Nord Est e che per primo motivo è sostenuta dal fatto che ormai le altre colture sono poco redditizie e gli agricoltori si stanno spostando verso la vite. Un dato per far comprendere la dinamica: un kg di uva Glera costa 1,10 euro.
Naturalmente concorrono anche altre concause - prosegue Sartori - dalla modifica delle abitudini di consumo, che privilegiano vini più leggeri, alle norme sul consumo di alcol, fino alla “moda” che storicamente contraddistingue il consumo del vino”.
Restando entro i confini nazionali, il Merlot occupa la sesta posizione con 23.631 ettari, mentre lo Chardonnay segue a quota 20.056 ettari. La Barbera occupa 18.431 ettari, il Negramaro ed il Primitivo, sono coltivate rispettivamente su 17.504 e 16.321 ettari. Il Nero d’Avola si trova a 15.274 ettari, il Cabernet Sauvignon a 13.258 ettari, i Moscati a 12.792 e i Lambruschi a 10.591. Sotto la quota dei 10.000 ettari c’è l’Aglianico (9.947 ettari), la Garganega, (9.702 ettari), le Malvasie (9.017 ettari) e la Corvina, a 6.695 ettari. Chiudono la classifica il Grillo, con 6.576 ettari, il Syrah, a 6.333 ettari, il Cannonau, a 6.128 ettari, il Nebbiolo, a 6.047 ettari e il Vermentino, a 5.625 ettari.
“In sostanza la superficie italiana coltivata a vigneto resta pressoché uguale - continua il dg di Rauscedo - nel senso che i reimpianti vanno tendenzialmente a riequilibrare i vigneti troppo vecchi e le piante malate, ma ci sono anche Regioni, il Veneto su tutte, che in questo momento stanno piantando di più”.
La situazione dell’Unione Europea (dai dati forniti da Bruxelles per il periodo 2009-10) vede una suddivisione ampelografia per vitigno in cui i due principali vitigni europei sono spagnoli e non internazionali mentre praticamente nessun vitigno italiano, salvo il Trebbiano, è adottato al di fuori dei confini italiani. I tre vitigni più coltivati sono l’Airen, con 239.000 ettari che lo ospitano. Segue il Tempranillo, con 213.000 ettari e il Merlot, con 165.000 ettari. La Grenache è coltivata su 155.000 ettari, il Trebbiano rappresenta 120.000, ettari il Cabernet Sauvignon viene allevato su 101.000 ettari.

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