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SALONE DEL VINO - L'EST EUROPEO ED IL GRANDE NORD NUOVE FRONTIERE COMMERCIALI DEL "MADE IN ITALY"

Saranno i Paesi dell’Est Europeo la nuova frontiera commerciale per le bottiglie made in Italy: la conferma è arrivata dal Salone del Vino di Torino, che ha dedicato, per la prima volta in Italia, un workshop all’allargamento dei rapporti con le repubbliche baltiche, che entreranno a far parte dell’Unione Europea, i Paesi dell’area russa e quelli del Grande Nord.
In collaborazione con Agenzia delle Dogane, Enoteca d’Italia e Regione Piemonte, 43 buyers specializzati sono stati invitati a Torino da Lingotto Fiere e hanno dato vita a oltre mille incontri d’affari con 200 cantine italiane. Gli imprenditori hanno commentato con soddisfazione le intese raggiunte affermando che l’allargamento del mercato ad Est costituisce una prosettiva concreta di espansione del business del vino. Anche perché c’è una forte affinità tra la gastronomia di questi paesi e le bottiglie di qualità italiane. Lo ha evidenziato il pranzo - degustazione offerto da Lingotto Fiere, in collaborazione con Enotime Magazine. Condotto da Mario Costa e realizzato dallo chef polacco Dariusz Wojcicki, il menù ha proposto piatti tradizionali delle repubbliche baltiche in abbinamento con grandi bianchi e grandi rossi italiani. Sia i buyers stranieri che gli operatori italiani hanno applaudito questo nuovo “connubio” che sottolinea anche una interculturalità europea del gusto. Questo perfetto abbinamento fa da ambasciatore delle nostre bottiglie che hanno grande spazio in quell’area.
Lo ha sottolineato il convegno di Confagricoltura dedicato ad esplorare le possibilità commerciali su questi mercati che nel complesso assorbono attualmente il 5,3% delle nostre esportazioni vinicole. Da sola la Repubblica Ceca vale il 2,2% del nostro export e negli ultimi due anni ha fatto segnare un incremento di consumo di vino pari al 15%. Egualmente importante è il mercato polacco, dove il vino è in costante crescita di consumo: la Polonia attualmente vale l’1,6% delle nostre esportazioni, ma la prospettiva è di un raddoppio di questa quota nell’arco di due anni. Tutti i paesi dell’Est sono anche produttori di vino (la Moldavia in particolare sta rinnovando il suo vigneto) e questo a giudizio degli esperti facilita la penetrazione del vino italiano sulla fascia alta di quei mercati, ma consente anche di arrivare a significative intese di scambio commerciale.
Da Torino è arrivata anche la conferma di una ripresa di attenzione verso il vino italiano da parte dei paesi scandinavi: alla flessione di domanda di quei Paesi registrata negli ultimi due anni ha corrisposto invece una forte attenzione dei buyers del Grande Nord che stanno riaprendo importanti rapporti commerciali con le nostre cantine. 



Focus - Convegno Confagricoltura
Vino: le imprese italiane guardano ad Est

“L’allargamento dell’Unione europea ad Est rappresenta un’opportunità interessante per le imprese vitivinicole italiane, sia per gli investimenti produttivi, sia per le esportazioni”. Così Federico Vecchioni, dirigente di Confagricoltura (con delega alle politiche internazionali), ha spiegato, al Salone del Vino al Lingotto di Torino, al convegno promosso dall’organizzazione più importante delle imprese agricole d'Italia, a cui ha preso parte, tra gli altri, l’ambasciatore rumeno in Italia Cristian Valentin Coltenau. Federico Vecchioni ha delineato lo scenario competitivo in cui si inquadra l’Est europeo dal punto di vista vitivinicolo: i Paesi dell’Est europeo hanno nel complesso una produzione che si aggira intorno ai 23 milioni ettolitri, a fronte della quale sviluppano flussi commerciali per circa 4,6 milioni di ettolitri in esportazione e 3,9 milioni in importazione.
Secondo l’imprenditore Fabio Albisetti, produttore del Chianti Classico con l’azienda Castello della Panaretta e da alcuni anni viticoltore in Romania, “dobbiamo guardare ad Est non con spirito colonizzatore ma con volontà di collaborare, per produrre vini locali tipici da far conoscere in Europa e nel mondo. La tentazione da evitare è la standardizzazione e la conseguente banalizzazione delle produzioni: occorre privilegiare i vitigni autoctoni, senza sfruttare i soliti internazionali”. Albisetti oggi ha quasi 200 ettari di vigneto: nel 1998 ha prodotto le prime bottiglie di qualità che oggi commercializza in Romania, accanto a prodotti provenienti da altri Paesi: i rumeni amano il vino, che consumano anche a tavola dopo gli aperitivi locali di Zwica e Palinca, due liquori di frutta dal gusto asciutto.
Un’altra storia d’impresa importante è quella di Anna Zwack, la famiglia ungherese che ha affermato nel mondo il marchio di liquori Unicum: la fabbrica di Kecskemet è ormai un pezzo di storia del Paese magiaro e meta di un vero e proprio pellegrinaggio di turisti che vogliono vedere da vicino come nasce questo famoso distillato. E gli Zwack, dal 1991, sono in affari con la famiglia Antinori per produrre vino ungherese. Lo ha raccontato Albiera Antinori, ricordando che nel 1991 il papà Piero diede vita ad una joint venture con l’Agriconsulting e l’Unicum di Peter Zwack per produrre vini di qualità a Bataapaàti, nella regione di Szekszard, “100 ettari di vigneto - ha detto Albiera Antinori - nei quali ci sforziamo di valorizzare la forte identità territoriale dei vini ungheresi”.
Altro paese, altra storia. In Bulgaria, Lucio Mastroberardino, produttore campano dell’azienda Terredora, ha curato, per conto del gruppo Montalcino Invest, l’impianto di 150 ettari di vigneto. “Il Paese è in forte sviluppo - ha detto Mastroberardino - e il clima è eccellente: per me, abituato al sole di Avellino, non è stato un trauma, anzi. La Bulgaria è ad un’ora e mezzo di volo da Roma e come latitudine siamo tra il Salento e la provincia di Ancona: con una temperatura media di 18 gradi e mezzo siamo nelle condizioni ideali per produrre grandi vini”.
L’Est, dunque, è la nuova frontiera del mondo del vino, che offre più stimoli che minacce. Lo ha ribadito Maurizio Forte, dirigente Ice, il quale ha sottolineato che il tasso di crescita di questi Paesi è sostenuto, il consumo di vino è in crescita (oggi in Romania siamo a 21 litri pro capite) e i costi di produzione sono del 50% inferiori a quelli della media europea.
Il Sottosegretario all’Agricoltura Teresio Delfino ha manifestato apprezzamento per l’impegno degli italiani nei Paesi dell’Est. “Non è certo con la chiusura e con la politica dei dazi - ha detto Delfino - che si favorisce la nostra economia, ma sostenendo l’internazionalizzazione delle imprese e la valorizzazione della qualità e della tipicità”. Il sottosegretario ha espresso apprezzamento per l’azione della Confagricoltura, “che crede nella competizione e si è preparata ad affrontare le nuove sfide, aprendo un ufficio di rappresentanza in Romania e fornendo sostegno alle imprese che intendono investire”.
Un invito ad investire in Romania è anche venuto dall’ambasciatore Cristian Valentin Coltenau, il quale, in modo pragmatico, ha ricordato i motivi per cui l’azione è conveniente. “C’è una buona cultura vitivinicola, testimoniata da 2000 anni di storia - ha spiegato Coltenau - buona manodopera qualificata a basso costo, esistono accordi di libero scambio con l’Europa e il resto del mondo, c’è stabilità geopolitica, è un Paese vicino all’Italia e ai nuovi mercati dell’area caucasica e, ultimo ma non meno importante, la nuova costituzione consente agli stranieri di acquisire proprietà in Romania”. Tutti buoni motivi per cui l’investimento si potrebbe rivelare un vero affare e presto i 200.000 ettari di vigneto potrebbero diventare molti di più.

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