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SALONE DEL VINO - UN LODO TRA LE REGIONI PER FERMARE LA “GUERRA DEGLI AUTOCTONI”

Italia
Vigneto di Marzemino

Lo “scippo” del Sagrantino da parte della Toscana ha riacceso la “guerra degli autoctoni” e ora serve un accordo tra le Regioni per fermare la corsa all’esproprio delle identità: sarà il Salone del Vino (14/17 novembre, Torino), che al tema degli autoctoni dedica un forum e una mega-degustazione (14 novembre), la sede dove gli assessori regionali, peraltro rappresentativi dei più importanti terroir vitivinicoli, potranno firmare quello che già si preannuncia come il “Lodo del Lingotto”.

Il tema si è riproposto con forza in questi giorni dopo che la Toscana ha adottato tra i vitigni ammessi anche il Sagrantino: il vitigno simbolo di Montefalco e della rinascita della viticoltura umbra. Niente di illecito, la legge, infatti, stabilisce che i vitigni non possono essere un’esclusiva di nessuno. Ma sorge una questione forte di opportunità. Il “caso” Sagrantino (quest’anno se ne sono prodotte 1,2 milioni di barbatelle e si dice che solo la metà siano state ripiantate in Umbria) potrebbe essere un cavallo di Troia che rischia di favorire l’offensiva scatenata dai produttori dei paesi del cosiddetto “Nuovo Mondo”. Di fronte all’invasione dei mercati da parte di australiani, cileni, sudafricani e californiani, l’Italia ha giustamente identificato nell’esaltazione del legame dei vini con il territorio attraverso la valorizzazione dei vitigni autoctoni la migliore difesa. Ma se cadono le “barriere” territoriali, tra regione e regione, questo processo di valorizzazione rischia di trasformarsi in un pericoloso boomerang perché molti autoctoni potrebbero diventare a tutti gli effetti dei vitigni internazionali ed essere piantati indistintamente da tutti i paesi produttori.

Il “caso” Sagrantino ha fatto più clamore di altri perché ha coinvolto un vitigno, valorizzato con un’opera incessante dell’imprenditore Marco Caprai, sul quale c'è la massima attenzione ed uno dei terroir da vino più famosi nel mondo. In realtà non è il primo episodio di questa sottile guerra degli autoctoni che se non sarà fermata rischia di trasformarsi una catena di Sant’Antonio con il Nero d’Avola che emigra in Friuli e il Refosco che si trasferisce in Calabria. La legge stabilisce, però, che sono le Regioni a regolarsi e che dopo tre anni di sperimentazione ogni vitigno può essere piantato ovunque. E se i produttori di Sagrantino, Caprai in testa, gridano alla “lesa identità”, anche gli esperti mettono in guardia dal pericolo insito in queste “espropriazioni”.

Leonardo Valenti, agronomo, ricercatore dell’Università di Milano e profondo conoscitore del Sagrantino, sostiene infatti che “il fatto è grave e lascia indignati, ma a termine di legge non ci si può fare niente. Si deve, invece, riflettere sulle conseguenze: il Sagrantino è un ottimo vitigno e rischia di diventare sovranazionale come il merlot o il cabernet. Questo significherebbe annullare l’identità territoriale di questo vitigno che, peraltro, è già stato sperimentato e piantato in Australia. Soluzioni al momento non ce ne sono, se non quella di modificare la legge o perlomeno di introdurre il divieto di indicare in etichetta il vitigno. Oppure le Regioni possono impegnarsi con un “codice etico” a rispettare un elenco delle produzioni cosiddette tipiche da difendere e valorizzare evitando comportamenti, come in questo caso pirateschi”.

Da qui nasce l’esigenza del “Lodo del Lingotto”: l’occasione si propone proprio nel Salone del Vino con il forum sui vitigni autoctoni e la mega-degustazione dei vini da vitigno autoctono, promossa in collaborazione con l’associazione Go Wine e con la Regione Piemonte. Compito del forum tra gli assessori regionali è anche quello di analizzare le diversità tra i vari terroir per tenere conto delle peculiarità delle diverse aree di produzione.

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