Il Franc “sbagliato”. Per un po’, e non per colpa sua, il Carmenère ha goduto la non gratificante fama di quello che viene scambiato per uno più famoso di lui (e sulla carta più importante). Poi, restituito alla sua identità e all’indipendenza da ogni preconcetto (nato all’epoca in cui la familiarità con certe varietà e l’oculatezza dei vivaisti non erano certo paragonabili alle attuali) eccolo qua, in passerella, orgoglioso portatore della griffe di San Leonardo, una delle più nobili (e non solo perché chi lo produce si chiama Gonzaga) nel mondo del vino italiano, protagonista della rimonta d’Enotria da tempi non sospetti, custode arguta del territorio in cui opera e autrice di uno dei migliori rossi (quello eponimo, istoriato col nome dell’azienda) d’Italia per costanza, classe, capacità evolutiva. Il Carmenère è lo zio, per età d’impianto, di altre varietà presenti qui. Coccolato finalmente come una bandiera, vinificato in cemento con fermentazione spontanea e 15-18 giorni di processo, poi in barrique di vari passaggi per due anni, riposa in vetro a lungo prima di sbarcare sul mercato. Il 2015 è varietale, intenso senza marcature squilibranti tra le note di peperone (classiche) e speziate, il fruttato (ribes) che le avvicenda e il contrappunto mediterraneo delle erbe officinali. Solido, tattilmente completo, è giovane ancora e, pur godibile, ha davanti strada lunga e gloriosa.
(Antonio Paolini)
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