Luciano Sandrone è senz’altro uno dei personaggi più significativi nell’universo barolista. Nel 1979, è stato tra i primi ad introdurre la barrique, inaugurando uno stile decisamente innovativo per quegli anni, che ha aperto la strada ai “Barolo Boys” e ad una sana disputa stilistica tra le colline di Langa, capace, prima di tutto, di innalzare la qualità complessiva dell’intera tipologia. I suoi vini sono stati e restano tra i protagonisti del mondo delle aste e, soprattutto, hanno costituito un baluardo di eccellenza per fattura impeccabile e, specialmente in alcuni millesimi, esecuzioni cristalline, che hanno fatto letteralmente la storia enoica più recente delle Langhe. Oggi, l’azienda conta su 27 ettari per 110.000 bottiglie complessive e continua a sfornare etichette di spessore indiscutibile, contraddistinte da una cifra classicheggiante, che tuttavia non smette di comprendere anche un sobrio modernismo, in fase di affinamento. Una cura maniacale che ritroviamo anche nelle etichette alla base del portafoglio aziendale come nel caso del Nebbiolo d'Alba Valmaggiore, oggetto del nostro assaggio. La versione 2018, maturata per 12 mesi in tonneau, ed ottenuta dalle uve allevate a Vezza d’Alba, profuma di rosa, frutti di bosco e liquirizia, con tocchi speziati a rifinitura. In bocca, trova il suo punto di forza in un sorso scorrevole e saporito, dai tannini pieni e dal finale in crescendo.
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