Il “Maturlan” in gergo veronese è parola che evoca subito un sorriso complice. Perché è l’appellativo di una delle maschere del Carnevale cittadino: quella che definisce il tipo svagato, un filo mattacchione, sempre pronto agli scherzi (ma di quelli che fanno ridere senza ansie di contorno o residui acrimoniosi) e dunque anima della festa e della convivialità. E proprio il piacere sorridente e condiviso del sorso è la chiave interpretativa di questo vino, sorta di ponte tra gli esemplari da appassimento più complessi e importanti e il consumer (magari, e preferibilmente, giovane) che si avvicina ai vini della Valpolicella e alla filosofia del suo ormai consolidatissimo stile produttivo. Corvina appassita leggermente come base, le altre uve del territorio (quelle ricorrenti negli Amarone e nei Rossi classici) a far costellazione, legno grande e discreto per la prima (un anno di sosta), niente per le altre, e lievissimo (3,4 grammi) residuo zuccherino formano lo skill di un vino da conversione – di ex astemi e astemie – senza novene o penitenze ma, appunto, nel segno della scoperta di un nuovo piacere. Avvolgente, morbido ma non stucchevole, profumato di viola, cannella e frutta in conserva, il Maturlan funziona con piatti speziati e succulenti, ma è anche (ed è il suo plus) ottimo calice da complice stacco tra la giornata di lavoro e l’inizio di una serata in amabile compagnia.
(Antonio Paolini)
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