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SICILIA EN PRIMEUR: QUATTRO STELLE (SU CINQUE) PER LA VENDEMMIA 2004 IN SICILIA … PAROLA DI ATTILIO SCIENZA, DOCENTE DI VITICOLTURA ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO E ARTEFICE DELLA RISCOPERTA DEGLI AUTOCTONI ITALIANI

Italia
Attilio Scienza

Morte e resurrezione: metafora della storia enologica della Sicilia e singolare identificazione del suo cammino verso la qualità con l’essenza del mito di Dioniso, dio “nato due volte” (mortem moriendo destruxit, vitam resurgendo reparavit), il “dio straniero”, nella sua ricerca dell’alterità, per trovare la propria identità viticola, fuori di sé.

E’ per questo che, paradossalmente la rinascita della enologia siciliana coincide con l’introduzione nell’Isola, avvenuta dapprima sperimentalmente, di alcuni vitigni alloctoni circa venti anni fa, quasi una sfida che la Sicilia voleva portare al Nuovo Mondo, per dimostrare il valore delle sue risorse ambientali ed umane, confrontandosi ad armi pari con le stesse varietà dei competitori.

Ma la storia si ripete, come dimostra la prima menzione di un vino siciliano fatta da Esiodo che citando il vino più famoso di Siracusa, il Pollio, o di Plinio per l’Alunzio, fanno riferimento alla viticoltura della Tracia e del vino Biblino dai quali aveva tratto origine la coltivazione della vite in Sicilia. Ma come il vino siciliano nell’età classica riuscì a battere il vino della madre patria e già nel II sec.a.C. con la sconfitta di Annibale, divenne il vino più diffuso in Europa, per merito dell’espansionismo romano, con il Mamertino messinese, così la risposta della viticoltura italiana alla pressione commerciale dei vini dell’Australia, è soprattutto affidata ai vini siciliani.

Vini nuovi però, non più ottenuti da varietà internazionali ma espressione della ricchezza genetica siciliana che con il progetto di selezione clonale e di valorizzazione del germoplasma antico promosso dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione, ha evidenziato una variabilità genetica e qualitativa insperate, che aspettano di essere valorizzate da un adeguato progetto di zonazione viticola regionale, premessa necessaria a tutte le politiche di tutela dei vini varietali di maggiore successo (Nero d’Avola, in primis), sottoposti attualmente ad una pressione speculativa sia nazionale che internazionale che rischia di vanificarne l’immagine positiva conquistata con grande fatica in questi anni.

Ma i veri protagonisti, assieme ai vitigni, sono i vinificatori siciliani, piccoli e grandi, che in questi anni, aiutati anche dall’Ente pubblico, sono riusciti a capovolgere un atteggiamento fatalisticamente negativo che vedeva nella Sicilia, l’isola del vino da distillare.

I vini siciliani sono buoni, sono convenienti ma hanno soprattutto un margine di progresso enorme sia per le risorse umane che ambientali presenti sull’Isola, anche se in futuro bisognerà non solo fare ma anche pensare di più, in termini organizzativi e gestionali sia a livello di sistema che di singole aziende.

Il mondo non conosce ancora i vini austeri di Perricone o quelli fini del raro Nerello cappuccio dell’Etna, dell’interessante Grillo, il più nobile vitigno del Marsala oggi vinificato per farne un elegante vino bianco o del Catarratto lucido dal gusto iodato e finemente resinoso.

La Sicilia è una zona viticola che a differenza di altre in Italia, ha una capacità inconsueta di morire e di rinascere, novella Fenice, perché i vincoli della tradizione, pur essendo molto saldi, non rappresentano quell’elemento di continuità con il passato che spesso limita o rallenta l’adozione dei risultati dell’innovazione.

Tradizione , non da tradizio, tradere, trasmettere ma da lagos, legein, legame, partecipazione.
Ed ancora una volta emergono le radici greche dove la tradizione è intesa come sviluppo di una identità collettiva, partendo dall’affermazione che è giovane tutto ciò che è vicino alla nostra origine e che conduce verso la propria origine. Forse per capire loro stessi, i siciliani, come per i greci alla ricerca di una nuova patria, ”per aprire alla luce la terra natale” come diceva Heidegger attuano quindi quel “tradimento fedele” che è alla base di ogni progresso.

La tradizione va presa sul serio: oggi si assiste tra i produttori di vino siciliani da un lato ad una esaltazione spesso solo verbale del modello della tradizione, che però per conservarsi puro dovrebbe restare distante dal mercato e dall’altro ad una pervasiva pratica liberistica che ha come solo scopo l’efficienza e la creazione di ricchezza. In particolare sembra manifestarsi il predominio di una certa versione “mortificata” della tradizione che guarda al passato solo per celebrarlo e che espelle dal

proprio orizzonte culturale la reciprocità tra sfera economica e sfera sociale che è alla base della formazione stessa della tradizione come indica l’origine semantica della parola.

Degustando vini dell’annata 2004, più che le sonorità mediterranee dell’ouverture della “Cavalleria rusticana”, si avvertono le voci prodotte da una natura romantica, originale e tutt’altro che melanconica della Prima Sinfonia di G.Mahler.

Le differenze metereologiche con il 2003 rendono le peculiarità climatiche del 2004 ancora più originali, quasi anomale. Inoltre le piante che sono uscite molto provate dalla siccità del 2003 hanno manifestato comportamenti fisiologici tutti improntati verso un rallentamento delle principali fasi fenologiche, in particolari quelle che vedevano il maggior coinvolgimento delle riserve glucidiche (invaiatura e maturazione), molto ridotte nei siti d’accumulo, rispetto alla norma.

A questo ritardo si è aggiunto quello dell’annata 2004, più piovosa della norma e con temperature medie più basse, che ha amplificato le risposte della vite sia nell’intensità degli accumuli di materia colorante e di aromi nelle bacche che nelle caratteristiche strutturali degli stessi.

Le maturazioni sono state più lente e le sintesi dei costituenti nobili della qualità sono avvenute in un regime termico più basso anche se molto luminoso. Il leggero incremento produttivo riscontrato è stato agevolmente controllato dalla maggiore efficienza degli apparati fogliari e quindi la qualità delle uve non è stata minimamente intaccata.

Pur con le differenze tra i vitigni e tra le zone viticole dell’isola, un vero continente da questo punto di vista, si può affermare che i vini del 2004 presentano nella tipologia bianchi una insolita freschezza e finezza aromatica, che evolverà molto positivamente in bottiglia per tempi abbastanza lunghi, anche per gli effetti sulla stabilità biologica e sul profilo sensoriale dei composti secondari della malolattica. Da molto tempo, anche per merito dell’ormai generalizzato condizionamento termico delle fermentazioni dei vini bianchi, non si riscontravano in Sicilia dei vini dai profili aromatici così ricchi ed eleganti. Certamente vini a cinque stelle.

Il profilo sensoriale dei vini rossi del 2004 è forse quello che più colpisce i nostri sensi. I vini appaiono certamente diversi da quelli che di norma la Sicilia offre, nei quali le caratteristiche climatiche estreme degli ultimi anni, avevano favorito grandi concentrazioni di colore e struttura, ma forse un appiattimento del profilo sensoriale su alcuni descrittori comuni a tutte le regioni calde quali la frutta matura, la prugna cotta, la liquirizia, un tannino talvolta troppo reattivo ed una leggera attitudine ai toni ossidativi.

Dalla vendemmia 2004 sono usciti vini con un buon patrimonio polifenolico, con tannini morbidi e dolci ma soprattutto molto eleganti. Chi non ha gestito con attenzione i vigneti, proporzionando la produzione di uva al potenziale fotosintetico della chioma ha ottenuto vini magri e talvolta dai toni vegetali.

In generale però come dimostrano le prime degustazioni di vini conservati in legno, i vini si presentano abbastanza evoluti sensorialmente con descrittori sensoriali quasi più atlantici che mediterranei (compare spesso un piacevole nota di menta e cioccolata), che consiglia probabilmente un imbottigliamento anticipato rispetto agli altri anni.

Questi vini, con la loro evoluzione positiva in bottiglia saranno probabilmente una piacevole sorpresa per i consumatori che avranno la pazienza di conservarli per qualche anno nelle loro cantine. Con le debite e numerose eccezioni la qualità dei vini rossi siciliani dell’annata 2004 è certamente degna di essere premiata da quattro stelle.

Attilio Scienza

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