Rispetto, ricerca, precisione. E sorriso. Perché, alla fine, sorriso deve portare il vino. Misurato sulla sua qualità. La filosofia di Cristian Specogna, giovane ma rodato e dotatissimo viticoltore friulano, è tutta qua. E i suoi vini - originali, ma fedelissimi a uve e territorio, suolo condiviso con la vicina Slovenia, la ponka, misto magico di marna e arenaria - la raccontano a dovere. Si tratti del Sauvignon Duality (alta corte di giustizia contro la banalità con cui questo vitigno vien spesso trattato, uve raccolte tra Rocca Bernarda e Rosazzo e viti ormai trentenni), del raro Picolit, del Pignolo; o dei due mix targati in etichetta con la sfida-scommessa di Oltre (il rosso) e Identità (il bianco), souvenir di vigna mista riproposti coi saperi e le accortezze del vigneron di oggi. Ma più di tutti forse a parlare la lingua Specogna è il Pinot Grigio. Ramato ovviamente, viti targate 1968, anello di giunzione tra modi ancestrali di rapporto col vitigno e finezza attualissima di gusto. Un rosso travestito (15 giorni sulle bucce, legno piccolo per due anni) come si dice in questi casi, ma di setosità, brillantezza, soavità tali da sbaragliare un esercito di bianchi: un “doppio” che gioca col mistero e vince per complessità. Anche nell’uso. Che, a tavola, è di versatilità globale tra mare, terra e bosco. Ma, calice da piacere e pensiero, stravince anche in solitaria.
(Antonio Paolini)
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