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EDITORIALE

Storia di un marchio che ha fatto scuola

Per reagire al decreto legge 7 marzo 1924 - che dissolveva il nesso tra denominazione e origine geografica, stabilendo che un vino era tipico non per la sua corrispondenza a precisi connotati di origine, ma per il possesso alla vendita di una serie di caratteristiche costanti, derivanti anche da operazioni di cantina - il 14 maggio 1924 viene costituito a Radda “il Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti e della sua marca di origine” e, a dicembre, l’adozione del suo simbolo: un gallo nero in campo d’oro, l’antica insegna della Lega chiantigiana. Nel marzo 1925 compaiono i primi contrassegni per i soci apposti su un fiasco, simbolo per tutto il mondo del vino del Chianti. Avendo diritto al sigillo sociale solo il vino dei vigneti dell’areale delimitato dal Consorzio, fu nominato un direttore (Ugo Rossi Ferrini), che vigilasse sulla produzione denunciata e i contrassegni impiegati dai soci. Collegare univocamente i vigneti del Chianti al marchio del Gallo Nero “correggeva”, di fatto, i limiti legislativi: nel fiume di Chianti che si riversava sui mercati, uno solo poteva vantare la legittimità dei propri natali: quello con lo stemma dell’antica Lega. E il primo Presidente del Consorzio Italo De Lucchi, spiegando l’importanza dei contributi per i contrassegni - tradotti in interventi pubblicitari vent’anni prima della coniazione del termine - impartiva una lucida lezione di marketing ante-litteram: “Se il compratore non richiede la marca perché già la conosce e non ne ha bisogno, siamo noi che dobbiamo mandargliela perché il circolare del nostro vino anche in zone vicine la diffonde e la fa nota a tutti coloro che ne vengono in contatto. […] È assioma fondamentale della réclame che essa deve essere ripetuta, che il pubblico deve giungere a conoscere la esistenza di un prodotto e ad associarne istintivamente il nome con quello del suo produttore […]”.

(fp)

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