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Tante chiacchiere della politica, sul vino, ma poca sostanza: ancora tutto fermo su Ocm Promozione, Comitato Vini, Testo Unico, decreto Consorzi e decreti attuativi per la legge sull’enoturismo

Italia

Di politica a Vinitaly, se ne è vista tanta. Ma nel frattempo, la politica, nonostante le rassicurazioni del leader di partito, e anche del Presidente del Consiglio ancora in carica, Paolo Gentiloni, per il vino, ha fatto ben poco. Anzi, di fatto nulla di quanto auspicato è arrivato, né nei giorni della kermesse, né in quelli successivi, ad ora. A partire da due delle azioni più attese. Come il decreto per sbloccare (già con sostanzioso ritardo, come sempre) la campagna promozione 2018-2019 dell’Ocm Vino, che secondo diverse voci sarebbe dovuto arrivare entro Vinitaly 2018 ma che, da quanto si apprende, è bloccato dentro le stanze del Ministero. E sul quale, per altro, come noto, e come sottolineato in queste ore da uno dei più grandi Consorzi del vino del Belpaese, quello del Chianti, dovrà fare i conti con il responso della Commissione Ue a richiesta della Spagna che, di fatto, vieta a chi ha già svolto azioni di promozione per 5 anni in certi mercati, di poterle replicare.
Norma che, in realtà, non è nuova, ma che se fino ad oggi è stata interpretata come criterio di priorità nella compilazione delle graduatorie, con una interpretazione più stringente, che la diplomazia vinicola sta cercando di scongiurare, potrebbe diventare criterio di esclusione. Un problema non di poco conto, per le cantine italiane che, naturalmente, negli ultimi 5 anni hanno concentrato i loro sforzi, sostanzialmente, in Usa, primo mercato straniero in assoluto per il Belpaese, e in Cina, dove si cresce a buon ritmo, ma ancora con valori relativamente bassi.

“Una follia - dichiara Giovanni Busi, presidente del consorzio Vino Chianti - un’assurdità. Tutti gli amministratori e i politici devono alzare la voce e tutelare gli interessi del vino italiano. Non essere presenti nei mercati importanti ed emergenti nei prossimi anni significa perdere la possibilità di consolidare la presenza del made in Italy in aree dove ci stiamo affermando: un danno incalcolabile per il settore con conseguenze drammatiche per tutto il sistema economico nazionale. È un momento fondamentale per l’export del Chianti e in generale per tutto il vino italiano - continua Busi - la programmazione deve essere fatta nel lungo periodo, ben oltre i 5 anni. In un Paese come la Cina, in 5 anni non costruisci niente, ne servono altri 5, se non 10 anni per affermare il nostro prodotto in maniera definitiva e consolidarne la presenza. Impedire l’accesso ai fondi europei e quindi bloccare di fatto la promozione in questi paesi significa assumersi la responsabilità di un calo delle vendite e di una perdita inestimabile per il made in Italy all’estero. È semplicemente assurdo, è ora di alzare la voce”.
Ma se il decreto Ocm Promozione non arriva, stessa sorte sta vivendo quello per la nomina del Comitato Vini, fondamentale per le modifiche ai disciplinari di produzione, il cui stallo tiene bloccate oltre 50 richieste di modifica, che stanno creando non pochi problemi in molte denominazioni. E ancora, come sottolineato, tra gli altri, da Federvini a Vinitaly 2018, mancano ancora i decreti attuativi del Testo Unico sullo schedario vinicolo, sul sistema delle analisi e dei controlli, e sui contrassegni. Tutti aspetti tecnici, ma fondamentale per la vita delle cantine.
Così come, ancora, non si vedono i decreti sulla riforma del sistema dei Consorzi del vino, e neanche quelli attuativi della legge sull’enoturismo, che rischia di restare solo un pezzo di carta senza reali ricadute in un settore che, proprio in questi giorni, si prepara a vivere la sua stagione più importante.

Un tema, questo, su cui hanno richiamato l’attenzione anche le “Città del Vino”, che si riuniranno a Noto, in Sicilia, dal 26 al 29 aprile, per la loro Convention, e per discutere dei grandi temi dei territori a vocazione vitivinicola ai piani regolatori del Vino, dalla promozione dei vitigni antichi e autoctoni alla riqualificazione ambientale, fino all’enoturismo.
Che, oltre alle novità normative attese, passerà anche dalla costituzione di una regia unica e dal riconoscimento delle “Città d’identità”, quell’insieme di aggregazioni virtuose dei territori attorno ad una vocazione specifica: le Città del Vino, le Città dell’Olio, le Città del Tartufo, del pane, dei muri dipinti, e così via. Iniziativa partita dalle Città del vino e dell’olio che hanno già firmato un protocollo d’intesa per sviluppare un nuovo progetto a vantaggio dei territori più estesi. “La scelta di collaborare più strettamente con le altre Città d’identità arriva in un momento in cui il settore enoturistico mostra segni di maggior maturità e crescita - dice il presidente di Città del vino, Floriano Zambon - tuttavia la situazione politica attuale crea incertezza e instabilità. Auspichiamo un solido accordo di governo per rilanciare anche il nostro settore”. Secondo l’ultimo Rapporto sull’Enoturismo in Italia, curato da Città del Vino e Università di Salerno, il comparto mostra segnali molto positivi: oltre 14 milioni di accessi enoturistici in Italia e un giro d’affari di 2,5/3 miliardi di euro l’anno.

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