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TENUTA DI ORNELLAIA: UNA GRANDE VERTICALE DI MASSETO (DALLA PRIMA ANNATA 1986 FINO ALL'ANTEPRIMA 2002) DÁ L’ADDIO ALL’ENOLOGO THOMAS DUROUX

Italia
Il Masseto della Tenuta dell'Ornellaia

La Tenuta dell’Ornellaia, scommessa vincente di Lodovico Antinori (fratello di Piero e nipote di Mario Incisa della Rocchetta), che nel 2002 è definitivamente passata sotto il controllo della joint-venture Frescobaldi-Mondavi, rappresenta un pezzo di storia non piccolo degli ultimi 20 anni dell’enologia italiana e non solo.
E per accorgerci di questo fatto, è sufficiente passare in rassegna i personaggi che hanno contribuito alla creazione di vini capaci di conquistare la fama internazionale a tempo di record: dalla originaria consulenza di André Tchelistcheff (1981), “inventore” della viticoltura californiana e convinto assertore di Bolgheri come “Eldorado del vino”, alla “supervisione” enologica (cominciata nel 1991) di Michel Rolland, celebre enologo itinerante di Bordeaux (proprietario di Chateau Le Bon Pasteur a Pomerol), passando dalla consulenza agronomica (iniziata nell 1995) di Danny Schuster (viticoltore e agronomo neozelandese) e di Andrea Paoletti, per arrivare ai winenmakers che si sono avvicendati in azienda: Federico Staderini (1985-1988), l’ungherese Tibor Gal (1989-1997), Andrea Giovannini (1998-2000) e il bordolese Thomas Duroux (in Ornellaia dal 2001).
Tutti hanno saputo trasferire nelle bottiglie di quest’azienda, con sfumature diverse, uno dei terroir più vocati d’Italia, imponendo allo stesso tempo uno “stile Ornellaia” ben leggibile e in grado di prescindere dalle individualità di ciascuno, come accade di regola soltanto ai vini degli chateaux francesi. E’ questo, in estrema sintesi, il senso della verticale dell’Igt Masseto, il 19 aprile nella Tenuta dell’Ornellaia.
Vino “cult” della cosiddetta “rinascita” enologica toscana - apprezzato da personaggi famosi (come, per esempio, l’attore inglese Daniel Day Lewis) e battuto nelle aste di tutto il mondo come vino da collezione - per la prima volta è stato oggetto di una degustazione che ha attraversato interamente la sua storia dalla prima annata (1986) - ancora poco più che un esperimento da 800 bottiglie di produzione totale e chiamato semplicemente “Merlot” -, fino all’anteprima del 2002, proveniente direttamente dalle barriques. Un evento che ha rappresentato anche un sorta di commiato dall’attuale enologo Thomas Duroux, che a giugno lascerà Bolgheri per tornare a Bordeaux ed iniziare una nuova avventura a Chateau Palmer.
In una seduta d’assaggio così ricca e stimolante per qualsiasi degustatore, segnaliamo le cinque annate che ci hanno più impressionato, in rigoroso ordine cronologico:
1988: le sensazioni olfattive, molto complesse, sono carattetrizzzate da un’incredibile integrità del frutto, solcata da lievi note carnose ed eleganti sentori che rimandano a profumi di terra e sottobosco. In bocca, il vino è potente e concede grande sostanza, unita ad un’espressività viva, segnata da una vibrante unità acido-tannica. Finale intenso e persistente.
1992: L’ eleganza e la finezza olfattiva caratterizzano questo vino, indugiando principalmnete su riconoscimenti di note tostate (cioccolato e liquirizia), che emergono da una base di frutto maturo e sentori minerali di notevole personalità. La bocca rivela grande equilibrio: compatta e serrata, ancora fresca e sostenuta da un nerbo acido vivissimo, che conduce un finale dolce di ammirevole lunghezza;
1997: annata estremamaente potente fin dall’approccio olfattivo che risulta complesso, vivo ed in cui il frutto maturo è predominante su una alterna stratificazione di note tostate (tabacco e caffè), riconoscimenti balsamici e speziati. Al gusto, si avverte il tocco del rovere, ma colpisce soprattutto la dolcezza evidente, che emerge da una struttura poderosa e concentratissima. Il tannino è consistente ed eccitante l’equilibrio complessivo, con un finale che richiama ancora le note di caffè;
1998: al naso, il vino è dominato da un frutto ben amalgamato al rovere d’affinamento e contrappuntato da note balsamiche di pepe e grafite. In bocca, si evidenzia una solida personalità, espressione di uno stile incisivo, che conferma il terroir di provenienza. Vino completo ed emozionante, per concentrazione, volume e profondità, davvero eccezionali. Il tutto compendiato a meraviglia da armonia ed eleganza di forme, addirittura superbe;
2001: all’olfatto, le sensazioni sono eleganti e complesse, situandosi tra le suggestioni del rovere e la freschezza di un frutto giustamente maturo, ulteriormente sfaccettato da note minerali. L’attacco in bocca è avvolgente ed esprime grazia e volume. I tannini sono fitti, morbidi e mai esuberanti. Il gusto è continuo e serrato con un finale lungo, segnato dal frutto e da note balsamiche di estrema freschezza.
L’ultima considerazione dedicata a questa verticale è in sé semplice e lineare: il Masseto esce come un assoluto esempio di vino da vigneto, o se preferite di cru: un merlot in purezza di grande struttura, frutto di un terreno particolare (appunto, la piccola vigna del “Masseto”, 7 ettari in totale) e di un clima molto mediterraneo, che tuttavia genera un vino dall’incredibile freschezza e godibilità. Semplice a dirsi, ma molto più difficile a farsi.
Franco Pallini

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