La Tenuta Sant’Antonio, 150 ettari a vigneto per una produzione di circa 2 milioni di bottiglie, è una delle aziende vitivinicole più significative del veronese e nasce alla metà degli anni Novanta grazie all’intraprendenza dei fratelli Armando, Tiziano, Paolo e Massimo Castagnedi. Oggi questa realtà ha assunto un rilievo non secondario nel panorama enoico del veronese, dividendo i suoi sforzi tra la denominazione del Soave e quelle della Valpolicella, anche se il cuore pulsante dell’azienda continua a battere sempre nella collina di San Briccio, da cui tutto è partito. La gestione in vigna e cantina è attenta e, benché le etichette siano saldamente “market oriented”, i vini, oltre che di esecuzione ineccepibile, non mancano di buona aderenza al loro territorio d’origine, con gli Amarone protagonisti assoluti. A recitare il ruolo di vino bandiera aziendale c’è ovviamente l’Amarone Campo dei Gigli, la cui storia prende le mosse negli anni Ottanta del secolo scorso. I vigneti da cui arrivano le sue uve sono posti a San Zeno di Colognola, sui Monti Garbi e la fermentazione avviene in tonneau, dove il vino riposa successivamente per 3 anni. La versione 2018 profuma di frutti rossi maturi e in confettura con tocchi di pepe, liquirizia su base di vaniglia. In bocca il sorso è intenso e dall’articolazione tannica risolta, sviluppandosi morbido e continuo, fino ad un finale profondo dai ritorni speziati.
(fp)
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