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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELL’UNIONE EUROPEA: IRRICEVIBILE IL RICORSO DELLA FEDERDOC SULLE MENZIONI DEI VINI ITALIANI

Non potranno essere portate modifiche - almeno per il momento - al nuovo regime delle menzioni tradizionali dei vini introdotto nel 2004 dalla Commissione Europea, ma fortemente contestato dall’intero comparto in Italia. Nel mirino sono finiti grandi vini: dal Brunello all’Amarone, dal Cannellino al Recioto, al Vin Santo. Al centro del contendere è l'apertura offerta ai paesi terzi - a determinate condizioni - di utilizzare alcune menzioni tradizionali protette, poste sull'etichetta dei vini europei.

Bruxelles ha sempre respinto le accuse dichiarando che la modifica del regime era stata necessaria per evitare un ricorso da parte di altri grandi paesi produttori all'Organizzazione mondiale per il commercio (Wto). Ma soprattutto, la Commissione Europea ha sempre sostenuto che non ci sarebbe mai stato un Brunello o un Amarone "made in California" in quanto la menzione tradizionale è protetta da una doppia chiave legata alla lingua italiana: cioé solo il paese che ha l'italiano come lingua ufficiale la può utilizzare.

I produttori italiani non hanno accettato queste giustificazioni e hanno presentato ricorso il 18 maggio 2004 al Tribunale di primo grado dell'Ue. Oggi i giudici, senza entrare nel merito della normativa, hanno pronunciato un'ordinanza che respinge il ricorso per una ragione molto precisa: il regolamento Ue non è attaccabile da persone fisiche. Lo può essere solo se riguardasse individualmente o direttamente le persone interessate.

In concreto, spiegano gli esperti, i giudici potranno esaminare nel merito il regolamento 316 del 2004 sul Regime delle menzioni tradizionali dei vini, solo se il ricorso è impugnato da un paese interessato o da un'altra istituzione Ue. In questo caso il regolamento era stato impugnato da 21 ricorrenti: la FederDoc, 7 produttori italiani di vini di qualità prodotti in una regione determinata (vqprd) e 13 consorzi volontari di valorizzazione dei vqprd italiani. Tutti avevano chiesto al Tribunale di primo grado l'annullamento del regolamento 316 del 2004, sottolineando che alcune disposizioni implicano un affievolimento del livello di tutela di cui beneficiavano 17 menzioni tradizionali complementari: Amarone, Cannellino, Brunello, Est ! Est !! Est !!!, Falerno, Governo all¿uso toscano, Gutturnio, Lacryma Christi, Lambiccato, Morellino, Recioto, Sciacchetrà (o Sciactrà), Sforzato o Sfurzat, Torcolato, Vergine, Vino Nobile, Vin Santo.

Le menzioni che vi sono contenute - hanno sostenuto i produttori italiani - "potevano essere utilizzate unicamente per vini originari di regioni o di località specifiche del territorio della Comunità e i produttori autorizzati erano legittimati ad opporsi alla commercializzazione nella Comunità di vini originari di paesi terzi recanti tali menzioni tradizionali. A seguito delle modifiche apportate le menzioni tradizionali complementari possono essere utilizzate dai produttori di vini di paesi terzi".

Il Tribunale di primo grado ha constatato che il regolamento in questione si applica a tutti i produttori di vino e che i produttori che hanno presentato ricorso "non hanno dimostrato la sussistenza di un interesse individuale o di essere lesi dalla normativa". Pertanto - hanno concluso i giudici - "i produttori italiani, i consorzi volontari e la FederDOC non sono individualmente interessati dal regolamento CE n. 316/2004. Per conseguenza il ricorso è irricevibile".

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