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UFFICIO STUDI MEDIOBANCA: CALO CONSUMI NEL VINO. IL FATTURATO 2004 DELLE AZIENDE E' CRESCIUTO SOLO DELLO 0,2%. MA IL QUADRO E' PERO' TUTT'ALTRO CHE CUPO: NEL 2005 GRAN PARTE DELLE AZIENDE CONVINTE DI RICAVI IN CRESCITA

Italia
Le cantine italiane vedono rosa

Nel 2004 frena il consumo di vino in Italia, con un conseguente stallo nelle vendite: le principali aziende vinicole italaine hanno registrato una crescita del fatturato dello 0,2% appena. Emerge da un'indagine realizzata dall'Ufficio Studi di Mediobanca, che ha preso in considerazione i dati delle 71 maggiori società del comparto. Si tratta di aziende che da sole rappresentano il 34% della produzione del Paese. In realtà, un trend calante dei consumi di vino pro-capite si registra da più tempo, ma il 2004 sembra segnare una cesura sulla strategia delle aziende italiane di contrastare l'erosione dei ricavi con la riqualificazione dell'offerta, in progressivo miglioramento.
Il quadro è, però, tutt'altro che cupo, dal momento che la gran parte delle aziende del comparto é convinta di registrare, nel 2005, ricavi stazionari o in crescita. Solo una su sei prevede per quest'anno vendite in calo. La battuta d'arresto delle case vinicole italiane nel 2004 segue poi la netta frenata degli investimenti, che segnano un calo del 27% sui massimi toccati nel 2002 e 2003 (anche grazie alla Tremonti bis). La redditività garantita dagli investimenti degli scorsi anni stenta ancora a farsi vedere, essendo strutturalmente differita nel tempo (occorrono dai quattro ai sei anni perché un nuovo vitigno entri in produzione).
Sul calo del fatturato in Italia (-1,4%), sostanzialmente legato alla frenata dei consumi, cresce l'export (+2,2%). Più della metà delle esportazioni dei grandi gruppi vinicoli italiani (54%) è diretta verso i Paesi Ue, con una crescita nel 2004 del 2%. L'euro forte rende stazionario l'andamento delle esportazioni verso il Nord America, verso cui é diretto il 38% del vino italiano esportato. Solo una piccola parte dell'export, il 5%, si orienta verso Asia e Australia (per lo più Asia), dove pure si registra un boom della domanda (+20%).
L'orientamento prevedibile nel settore è quello di un rafforzamento soprattutto dei gruppi presenti nella fascia alta del mercato, non solo a linee interne, anche con investimenti in aree non euro, come il Sud America e l'area Asia-Pacifico, dove ad esempio gli investimenti in terreni sono resi convenienti per le società dell'area euro. Resta ancora solida la struttura finanziaria delle aziende attive nella produzione del vino, con un patrimonio che generalmente copre il 48% del capitale investito. La struttura patrimoniale delle aziende tende a variare a seconda dell'assetto societario, dove domina per altro la forma cooperativa (le 20 aziende del settore generano il 39% del fatturato, secondo dati del 2003). Le aziende a carattere cooperativo tendono ad avere margini operativi netti rispetto al fatturato più bassi (il 2,8% rispetto al 9,1% segnato dalle 47 società per azioni o le srl), con conseguenze anche per gli indici relativi al ritorno sul capitale investito (roi al 4,9%, rispetto al 10,8% di spa e srl), e a quelli relativi al ritorno sul capitale netto (il 3,2% rispetto all'11,7% di spa e srl). I debiti finanziari sul capitale investito incidono, in percentuale, per il 65,1% nel caso delle cooperative, mentre spa e srl si attestano al 48,7%. Il 62% delle imprese del comparto sono a controllo familiare, per il 23% sono cooperative e per il 15% a controllo estero.
Più o meno in linea con i dati che si registrano in generale tra le medie imprese italiane, la media di azionisti per società nelle aziende familiari a maggiori capitali è di circa cinque, mentre nelle aziende minori a controllo familiare i soci sono due o tre. Sulla base delle interviste condotte da Mediobanca tra le principali aziende vinicole italiane, emerge che il 45% delle imprese produce in una sola regione, mentre la gran parte è diffusa sul territorio, con presenza in due (il 15%) o in più regioni (il 40%). L'8% delle società è presente anche all'estero. Particolare attenzione viene data al marchio di produzione che, nel caso dei vini, è rappresentato dalle etichette. Negli ultimi dieci anni sono aumentate di circa un migliaio (+10%), con una media oggi di 90 etichette per azienda.
Cresce la spesa pubblicitaria, che sale del 17% nel 2004, dopo il +19% segnato nel 2003. Quanto ai canali di vendita, la grande distribuzione fa la parte del leone (assorbe il 40% delle vendite nazionali), seguita dal mondo alberghiero, della ristorazione e del catering (23%), da enoteche e wine bar (12%) e vendite dirette al consumatore finale (6,5%).
L'andamento in Borsa, con l'indice mondiale del comparto vinicolo elaborato da Mediobanca, segna una crescita del 58,9% tra gli inizi del 2001 e la fine di febbraio 2005, in una corsa guidata soprattutto da Canada (+168,8%) e Stati Uniti (+159,8%). Considerando solo la performance dall'inizio del 2004 sino a febbraio di quest'anno si registrano performance comprese tra il 18% e il 40%, con massimi del 40% negli Usa (salvo in Spagna, +1,9%).

Le prime cinque società vinicole
italiane per fatturato 2004
Caviro Faenza (Ravenna) 238,9 mln
Giv - Gruppo Italiano Vini Calmasino (Verona) 236 mln
Cavit - Cantina Viticoltori Ravina (Trento) 173,5 mln
Antinori - Firenze (dati 2003) 116,6 mln
Gancia Canelli (Asti) 96,5 mln

Fonte: Ansa

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