Una “ditta” giovane, con alla guida un ex prezioso “motore” di ottime aziende di Champagne che decide, a un certo punto della sua carriera, di mettersi in proprio. Una storia già vista, ma che - quando è supportata da visione chiara e da patrimonio “culturale” ricco e articolato - vale ovviamente come garanzia. La zona scelta per il radicamento è quella di Epernay, quattro cru ad alimentare la produzione del brand, tra cui quello di Mancy per lo Chardonnay (Cote des Blancs) e quello di Hautvillers per il Meunier. La produzione è praticamente puntiforme rispetto ai “vicini” dalla storia più collaudata e dal passo ben più ampio: appena 12.000 bottiglie in media, sommando le tipologie. Ma le scelte sono poi dichiaratamente e puntigliosamente qualitative: cominciando dal raddoppio del periodo minimo “legale” di stazionamento sui lieviti (da 18 a 36 mesi come termine minimo, per salire a 60 con la riserva “préstige”), l’uso dei tini verticali di legno per le follature, per una parte delle vinificazioni e per le elevazioni. Il Brut è il sunto della filosofia della casa, e insieme il suo biglietto da visita: ha sostanza, ma soprattutto suadenza. Punta a un target chic, a una beva smart, all’“aperò” metropolitano. L’attacco agrumato delicato (la mousse è finissima) lascia il posto a note fruttate gustose e a ricordi di miele e nocciole fresche, per un risultato finale seduttivo e goloso.
(Antonio Paolini)
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