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VINI TOSCANI, DIFFICOLTÀ CONGIUNTURALI MA NON CRISI: “GRAZIE AGLI SFORZI DI QUESTI ANNI TENIAMO TESTA AD UNA CONCORRENZA AGGUERRITA”. COSI’ L’ASSESSORE TOSCANO ALL’AGRICOLTURA TITO BARBINI

Italia
Vigneti in Toscana

Anche i vini toscani risentono indubbiamente della non facile congiuntura internazionale che, nel 2003, ha rallentato in maniera generalizzata gli scambi internazionali. Ma, in una situazione fortemente differenziata, che non si presta comunque a giudizi troppo sommari, è assolutamente improprio parlare di crisi. La qualità delle produzioni toscane, infatti, è sempre premiata e non si lamentano cospicue quantità di vini invenduti come è successo altre volte in passato. Piuttosto, in questo contesto, bisognerà proseguire nella strada della tutela e della valorizzazione della qualità, a partire dalla difesa dei legami con il territorio. Queste le valutazioni dell’assessore all’agricoltura della Regione Toscana, Tito Barbini, reduce da Prowein - la mostra mercato di Dusseldorf, tra le più importanti del mondo - è stata l'occasione per tastare il polso allo stato di salute dell'export vitivinicolo toscano, ma anche per sviluppare un primo confronto internazionale con i produttori e gli amministratori pubblici direttamente interessati alla recente decisione dell’Unione Europea sull’etichettatura.
“E’ indubbio che difficoltà ci sono, ma una cosa è la congiuntura internazionale, un’altra cosa sono le tendenze di lungo periodo - spiega Barbini - Se si guarda agli ultimi 10 anni non si può non parlare di successi eclatanti, tanto che, in questo periodo, le nostre esportazioni sono addirittura quintuplicate. E’ sempre difficile confermarsi a livelli così alti, ma se in uno scenario come quello del 2003 riusciamo sostanzialmente a reggere, vuol dire che la strada che abbiamo imboccato è quella giusta. Semmai c’è da chiedersi dove saremmo finiti se questa strada, intendo quello della qualità, della tipicità, della promozione attenta del prodotto e del suo territorio, non l’avessimo imboccata da tempo”.
Ed è questa strada che sempre più caratterizza una realtà, quella della viticoltura toscana, fatta di cifre importanti: una realtà che, secondo l’ultimo censimento, conta su decine di migliaia di aziende con vite, su oltre 8.500 aziende produttrici di vini a denominazione d’origine, su 34 vini doc e 5 docg, su quasi 65.000 ettari coltivati, su un export che è passato dai 100 milioni di euro del 1991 agli oltre 525 milioni del 2002, su un peso pari al 15% dell'intero comparto agricolo. Un impegno che sarà necessario proseguire e rafforzare, in un contesto internazionale comunque sempre più difficile.
La situazione internazionale
In una realtà economica complessivamente difficile, e che come tale non si può non ripercuotere anche sulle scelte di consumo e sul mercato dei vini, emergono infatti con più forza tendenze che vengono da lontano sull’attuale congiuntura. E’ il caso ad esempio dei consumi complessivi: il valoro procapite mondiale è sceso da 7,1 litri all’anno del 1961 ai 4 litri del 2000. In Europa, negli ultimi 10 anni, il calo è stato di quasi il 5%. Su scala mondiale, negli anni Novanta, le uniche aree ad aver registrato degli incrementi sono stati il Nord America (+7%) e l'Estremo Oriente (+70%, ma con valori iniziali molto bassi). E' una tendenza generale al decremento dei consumi che si pensa debba continuare anche in questi anni. Ma è il caso anche della distribuzione delle capacità produttive a livello mondiale. Negli anni Novanta, le superfici vitate in Europa sono diminuite del 14 per cento, mentre, solo per fare alcuni esempi, sono aumentate del 138% in Australia (da 60.000 a 143.000 ettari), del 25% negli Stati Uniti, del 4% in Sud America. Solo in Cina, tra il 1995 e il 1999, oltre 100.000 nuovi ettari sono stati destinati alla viticoltura. Tutto questo disegna uno scenario ben preciso, quello di un mercato vicino alla saturazione, ma con una concorrenza sempre più agguerrita. Una concorrenza che può avere un suo ulteriore elemento di forza nella dimensione delle sue aziende, generalmente molto più ampie che in Europa: in Australia, per fare un esempio, il 66% del prodotto finito è controllato da 5 aziende. E’ una concorrenza che, non raramente, può giocare sul piano dei prezzi in maniera molto aggressiva. Tra il 2002 e il 2003, ad esempio, il valore unitario dei vini australiani in Germania è diminuito del 40% sui prezzi praticati nel resto del mondo; nello stesso periodo il volume delle esportazioni australiane in Germania è aumentato dell'80%, a scapito ovviamente delle esportazioni italiane e francesi.
Come reggono i vini toscani
Pur di fronte a tutto questo, comunque, i vini toscani possono continuare a vantare diversi punti di forza, sia per la qualità del prodotto che la struttura produttiva: varietà, qualità, legami con territori in grado di fornire specifiche identità, capacità di innovazione e know-how di avanguardia, capacità di promuoversi con intelligenza, di fare gioco di squadra. E indubbiamente tra i punti di forza ci sono anche alcuni provvedimenti della Regione che, presi a suo tempo, solo ora dispiegano i loro effetti o possono essere pienamente compresi. In particolare, da tempo la Regione Toscana si è dotata di regole specifiche che controllano il potenziale vinicolo e che vanno ben oltre le regole comunitarie sui diritti di reimpianto. Così gli incrementi delle potenzialità produttive per le produzioni a denominazine d’origine sono attentamente valutati prima di essere autorizzati. “Se nei momenti di grande euforia del passato, quando tutto sembrava facile, noi non ci fossimo dotati di rigorose regole di autocontrollo - si domanda l’assessore Tito Barbini - quale sarebbe stato oggi il bilancio?”. E poi non va dimenticato il grandissimo sforzo per il rinnovo dei vigneti, attualmente arrivato alla quarta campagna. Le prime tre, con una spesa complessiva di 38,5 milioni di euro, hanno interessato 2.600 beneficiari e 4.000 ettari. “Un impegno notevolissimo, che rappresenta uno straordinario investimento sul futuro dei nostri vini - ricorda Barbini - Un impegno che, certo, ancora non è adeguato alle necessità, e che pure, se non ci fosse stato, oggi sarebbe una fonte di grave preoccupazione. Del resto oggi tutti riconoscono che la qualità inizia dalla vigna per poi completarsi in cantina”. Per questo, in una situazione oggettivamente e complessivamente difficile, i vini toscani sembrano in grado di reggere alla congiuntura e di difendere le posizioni conquistate negli anni passati.
I dati disponibili segnalano una situazione complessivamente a macchie di leopardo, con forti differenze legate alle tipologie di prodotto, ai singoli Paesi di esportazioni, ai diversi andamenti tra mercati esteri e mercato interno: così, ad esempio, per il Chianti Classico, si registra per le vendite in Germania, la più grande crisi dagli anni del dopoguerra (flessione del 20%), ma anche una sostanziale tenuta sul mercato americano e una flessione del 5% sul mercato interno; il Morellino di Scansano fa registrare un aumento del 25-30% dell'imbottigliato sul mercato interno, ma anche una flessione delle vendite in Germania, Giappone e Stati Uniti; il Nobile di Montepulciano non lamenta particolari riduzioni degli affari proprio sul mercato americano, dove anzi incrementa additrritura le vendite del 4,5%, e subisce invece una notevole flessione in Germania e in Svizzera.
Gli impegni per il futuro
In questo quadro la difesa del sistema di denominazioni rappresenta un aspetto centrale. “Le denominazioni - spiega ancora Barbini - rappresentano la storia, i legami culturali, la specificità delle produzioni, l’impegno per la qualità. Sono essenzialmente garanzie a tutela dei consumatori. Per questo abbiamo manifestato la nostra più ferma contrarietà alla decisione della Commissione europea sull’etichettatura e intendiamo ricorrervi contro in tutte le sedi legali in cui sarà possibile. Questo perché, aldilà delle assicurazioni che da Bruxelles sono state fornite sui limitati effetti della nuova regolamentazione, quello che colpisce è la forza politica e simbolica di una decisione che mette in discussione un impegno di anni a tutela della qualità, imperniata proprio sui legami tra produzione e territorio”.

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