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VINITALY 2004 - IL 3 APRILE TAVOLA ROTONDA DE L’INFORMATORE AGRARIO SU “LE PROSPETTIVE DEL VINO ITALIANO SUI MERCATI ESTERI”. PIERO ANTINORI E ALESSIO PLANETA PARLANO DI ECONOMIA DEL VINO

Dopo anni di euforia per il vino italiano nel mondo c’eravamo quasi dimenticati che la legge che governa qualsiasi attività imprenditoriale è l’economia e l’arena in cui si svolge è il mercato, o meglio, i mercati. Potrebbe sembrare quasi una banalità, un’affermazione scontata eppure, a nostro parere, soprattutto in questi ultimi anni nel settore vitivinicolo italiano era scesa una sorta di paura a parlare di numeri, di cifre, di trend evolutivi di mercato, quasi si temesse che così facendo si sarebbe usciti bruscamente dal sogno. A spingerci ulteriormente verso un dibattito aperto sulla realtà e sul futuro del comparto più importante dell’agroalimentare “made in Italy”, vi sono i numeri 2003 del settore, tutti improntati al negativo, un’annus horribilis: l’export ha perso in volume il 17% (solo i prezzi più elevati ci hanno consentito di limitare la perdita in valore a quasi il 4%); se si guarda ai vini da tavola, poi, la caduta è stata pesantissima, con un -28% in valore; infine, i consumi interni, per la prima volta sono scesi al di sotto dei 50 litri pro capite.

Numeri negativi, quindi, ma per carità, nessun allarmismo: il 3 aprile, a Verona, L’Informatore Agrario, la storica rivista di agricoltura, dedica a questo argomento una tavola rotonda (info: Clementina Palese, L’Informatore Agrario, tel. 045/8057547). Insomma, dopo gli anni della vanità e delle velleità, quest’anno il Vinitaly sarà la fiera della verità. “Una verità forse un po’ scomoda - scrive il giornalista Carlo Cambi su “L’Informatore Agrario”- per coloro i quali sono adusi a raccontare, vivere il vino italiano solo attraverso i punteggi delle guide, il valzer delle degustazioni spettacolo, la rincorsa al successo modaiolo e mondano. Il vino italiano tornerà ad essere - finalmente - ciò che principalmente ha da essere: un prodotto, un valore economico, sì, una merce”.

Tutto questo senza nulla voler togliere al valore “immateriale” che caratterizza un prodotto come il vino: “Ma si tratta di un valore che abbiamo enfatizzato troppo e soprattutto fatto pagare esageratamente. Basti pensare - ha sottolineato Emilio Pedron, amministratore del Gruppo Italiano Vini, la più grande realtà vitivinicola italiana - che in 10 anni il prezzo dei vini doc rossi italiani è cresciuto del 60%”. Ritornare all’economia del vino significa anche cercare di capire se la struttura produttiva italiana, nel suo complesso, oggi è in grado di garantire competitività sui mercati internazionali. Mentre, infatti, i nostri principali competitor (Australia, Usa, Cile, Argentina, Sud Africa, tanto per citare i principali) concentrano sempre di più le loro produzioni in poche mani, in Italia si continua ad assistere ad una vera e propria polverizzazione della struttura produttiva. Per questa ragione sono molti gli osservatori del settore che ormai individuano nella frammentazione del settore uno dei principali limiti alla competitività del vino italiano.

La crisi attuale - spiegano a “L’Informatore Agrario” - del nostro comparto vitivinicolo non può essere facilmente catalogata come “congiunturale”, ma presenta numerosi elementi strutturali. Le difficoltà di questa fase per la nostra vitivinicoltura potrebbero, se analizzate senza omissioni, presentare anche alcuni elementi di positività. Questa è l’opinione di Piero Antinori secondo il quale “dopo anni di “ubriacature” stiamo tornando alla normalità”. Normalità, per Antinori, significa la capacità dei produttori italiani di camminare con i piedi per terra, di riuscire, finalmente, a fare sistema, di valorizzare il vino italiano, con tutte le sue peculiarità, nel mondo. “Se il rapporto vino, cultura, territorio, storia è oggi considerato un elemento straordinario di promozione e valorizzazione del vino - ha detto Piero Antinori - noi abbiamo una marcia in più fondamentale rispetto ai nostri competitor del cosiddetto nuovo mondo. Ma per poterla sfruttare al meglio dobbiamo cominciare a giocare di squadra”.

In questa rincorsa per ritrovare elementi di competitività il settore vitivinicolo italiano potrebbe trovare un contributo indispensabile dall’enologia del Sud Italia. Ne è convinto Alessio Planeta - della famosa azienda vitivinicola siciliana - secondo il quale nel Sud ci sono potenzialità straordinarie da sfruttare partendo però, prima di tutto, dalla qualificazione della produzione. “Se si pensa, però - ha sottolineato Planeta - che la vitivinicoltura del Mezzogiorno possa competere facilmente, sul piano dei prezzi e dei costi di produzione, con i vini del Nuovo mondo, ritegno ci si stia un po’ illudendo”.
L’Informatore Agrario, con la tavola rotonda poi, vuol affrontare “il tema del mercato del vino italiano nel mondo senza omissioni o timori di essere tacciatidi pessimismo. Per il bene del vino italiano siamo convinti servano analisi serie e concrete. Quello che oggi, a nostro parere, deve destare la maggiore preoccupazione, è la perdita di quote di mercato del vino italiano sui mercati esteri. Per questa ragione abbiamo voluto affrontare la nostra analisi economica partendo proprio dai dati Ice dell’export dei vini italiani nel 2003. E da questi dati emerge che, pur considerando l’andamento difficile dell’economia internazionale e la svalutazione del dollaro Usa sull’euro, è il caso di valutare con più determinazione lo stato di salute del nostro settore enologico, per cercare di fare diagnosi certe e, soprattutto, di attuare terapie efficaci”.

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