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VINITALY 2005 - "MONDOVINO": LE CONTRADDIZIONI DELL’UNIVERSO VITIVINICOLO ALL’INIZIO DEL NUOVO MILLENNIO. E MOJOLI (SLOW FOOD): "SERVE UN NUOVO MODO DI RACCONTARE IL MONDO DEL VINO; PIU’ ATTENZIONE A QUELLO CHE C’E’ FUORI DAL BICCHIERE"

“Il documentario di Jonathan Nossiter è interessante, in alcuni tratti divertente, ma piuttosto lento. Il suo merito principale è quello di mettere in evidenza l’irrompere della globalizzazione nel mondo del vino, un argomento - dichiara Albiera Antinori - che interessa tutti i prodotti della terra”. La proiezione del documentario - in anteprima all’edizione n. 39 di Vinitaly - ha innescato una discussione non tanto sulla “guerra” tra i produttori di territorio e il cattivo di turno, incarnato dall’enologo itinerante Michel Rolland, “perché nessuno può mettere evidentemente in discussione la dignità delle due tipologie di prodotti - ha spiegato Giancarlo Columbu, uno dei produttori protagonisti di “Mondovino” - quanto sull’allargamento culturale a cui anche il mondo del vino dovrà in qualche modo sottostare.

“Il mondo del vino sta vivendo un momento unico, epocale nella propria storia - dichiara Angelo Gaja - la cultura del vino non è più un’esclusiva dell’Europa, il che non significa che il grande vino, originale ed unico, non esista più. Come ci insegna la stessa storia del vino, sono sempre stati pochi, anzi pochissimi, i vini inimitabili”. Per Giacomo Mojoli (Slow Food) “Mondovino” ha il merito di porre a tutto il mondo della comunicazione del vino una domanda semplice: “perché le questioni trattate nel film, globalizzazione in testa, non vengono mai discusse?”.

Ma Mojoli non si limita ad evidenziare soltanto questo quesito: “il giornalismo del vino è finito, almeno nella forma in cui siamo abituati a conoscerlo. La passione non basta più, ruotare un bicchiere e discutere delle caratteristiche organolettiche di un vino è ormai un tipo di comunicazione finita”. “D’ora in poi - conclude Mojoli - bisogna entrare dentro alle cose ed affrontare i temi più complessi con professionalità”. Gli fa eco Sandro Sangiorgi, anima di Porthos: “è evidente che per il giornalismo del vino è arrivato il momento di cambiare, distinguendo nettamente fra marketing e critica enologica, nel senso che devono scomparire le attuali collusioni con la produzione”.

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