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VINITALY 2006 - “SOLTANTO I PRODUTTORI DI VINO HANNO PERMEATO UNA MERCE DI STORIA E TRADIZIONE”. NE E’ CONVINTO PHILIPPE DAVERIO, CRITICO D’ARTE. E PER L’INTELLETTUALE GIOVANNI CUTOLO: “IL VINO AL PARI DEI BENI CULTURALI”

“Con la loro capacità di coniugare quotidianità e patrimonio storico-culturale, i produttori di vino hanno saputo conciliare storia e prodotto, creatività e merce, immaginando un avvenire solo se fondato sul passato”. Ne è convinto Philippe Daverio, critico d’arte e conduttore del programma televisivo “ Passepartout” (in onda sui Rai Tre), a Vinitaly, per la tavola rotonda “Vino & Design. Il sapore del progetto: design, gusto e buon gusto. La diffusione del bello rendere plausibile quella promessa di felicità alla quale abbiamo bisogno di credere”.

Secondo Daverio “la capacità degli imprenditori vitivinicoli italiani ha saputo imporre non solo un’eccellenza qualitativa - riproducibile anche in altri parti del mondo - ma soprattutto un’unicità spazio-temporale, impossibile da riprodotte altrove. Il vino italiano è infatti l’unica merce risultato di una creatività a tutto tondo, cioè di un progetto articolato, un progetto capace di ripensare completamente perfino i paesaggi in funzione della vite stessa. 50 anni fa il consumo di vino pro-capite era di 240 litri, oggi appena di 40, eppure è proprio oggi che il vino ha successo - ha concluso Daverio - Per quale motivo? Perché il mondo del vino ha saputo riempire di altri contenuti, soprattutto culturali, la bottiglia stessa”.

Va ancora oltre Giovanni Tutolo, l’”edonista virtuoso”, scrittore, fine intellettuale e critico spietato del design solo modaiolo: “al contrario di tutte le altre merci, il vino è un’offerta che stimola la domanda e non viceversa, alla stregua dei beni culturali. Perché è l’unica merce capace di offrire una visione del mondo, essendosi appropriata della dimensione culturale a tal punto da renderla un elemento insostituibile della propria natura più profonda”.

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