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Vino & Cultura - Più di una semplice storia del vino in Italia! La racconta una collezione di editti, bandi e proclami che vanno dal Cinquecento ai primi del Novecento
di Elisabetta Guerrini

Italia
27 settembre 1931: il manifesto della Festa nazionale dell'Uva, promossa dal Capo del Governo

Negli ultimi anni si è sviluppato un interesse sociale ed economico nei confronti del vino che ha attirato l’attenzione anche degli atenei italiani, con esempi di tesi e studi in un campo fino ad ora praticamente inesplorato, almeno sotto l’aspetto storico. Trovare il materiale necessario per trattare quest’argomento più che difficile è impegnativo: si tratta molte volte di andare a rovistare tra i documenti di biblioteche ed archivi dove potrebbero essere nascosti gli atti pubblici che ne parlano.
Da più di trentanni Gianni Zonin si cimenta in quest’impresa con una passione originata anche dal profondo legame che unisce, da sette generazioni, il nome della sua famiglia al mondo vitivinicolo. E non è un caso che nel 2002 sia stato scelto proprio lui per ricoprire la carica di presidente della Biblioteca internazionale “La Vigna” di Vicenza, uno dei più importanti istituti di documentazione specializzata nel campo dell’agricoltura e soprattutto della viticoltura e dell’enologia.
Gianni Zonin, con un vivo interesse nei confronti della cultura e dei libri in particolare, è riuscito ad aggiungere alla preziosa collezione personale di testi antichi - come non citare tra questi il “Denaturalim vinorum istoria”, scritto dal Bacci, nel 1596 e che rappresenta uno dei cardini della storia del vino italiano - una raccolta di editti, bandi e proclami che raccontano un viaggio nel passato che va dalla fine del Cinquecento ai primi anni del Novecento e che riguardano quasi esclusivamente materie enologiche. La collezione dei documenti, conservata nel Museo del Vino di Gambellara (tel. 0444/640119, con orario: tutti i giorni feriali dalle 10 alle 12, dalle 15 alle 17, su appuntamento), è alternata alle vetrine in cui sono esposte anche quelle di francobolli, con quattromila esemplari provenienti da tutto il mondo, ovviamente su soggetti enologici, di brocche, cavatappi e di antichi calici di vetro di Murano. Una selezione dei bandi e dei proclami è stata utilizzata nel 1990 per una pubblicazione, a cura di Ivone Cacciavillani, dal titolo “La collezione Zonin di proclami enologici veneti”, grazie alla quale è stato possibile raccontare il percorso storico dell’enologia in Veneto e della struttura burocratica della Serenissima.
L’importanza della raccolta risiede nella sua continuità temporale e nell’omogeneità tematica che hanno consentito di riprodurre un quadro reale completo e per certi aspetti sconosciuto dell’argomento vino. Con questi documenti si viene a conoscenza di come la vendita del vino era già nel XIV secolo regolamentata con dazi e gabelle a seconda dell’uso e del luogo di distribuzione. Qualsiasi merce, che entrava o transitava in città, era soggetta al dazio della “stradella”, al quale andava a gravare anche la tassazione sulla vendita del prodotto. Per il vino esistevano il dazio “a bettola” alla vendita per mescita, “per botte” per quella all’ingrosso e, una tantum, il vino veniva maggiorato del “ducato per botte”, un’imposizione che andava a finanziare le risorse belliche della Serenissima nei momenti di guerra. Il consumatore poteva comprare piccole quantità di vino per l’uso personale direttamente “dal contadino” sollevandosi e sollevandolo dagli aggravi fiscali, oppure aspettare il mercato settimanale nel centro abitato più vicino, altrimenti si doveva recare appositamente in città, unico posto dove era prevista una sorta di vendita al dettaglio. Le modifiche alle norme o la promulgazione di una nuova, venivano “gridate” per le strade della città, i bandi venivano poi affissi sui muri delle case in modo che tutti potessero conoscere le nuove disposizioni; inoltre, ne veniva consegnata una copia direttamente all’azienda agricola, che doveva poi conservarla nei propri archivi.
I francesi, nella parentesi in cui ebbero il controllo della regione (1805-1815), emanarono un insieme di proclami volti ad aumentare i dazi sui prodotti alcolici, che vide l’introduzione anche del “dazio a goccia” per la vendita del vino al minuto. Gli austriaci provvidero ad eliminarlo prontamente, ma ciò non bastò certo a migliorare la pesante situazione economica in cui la lunga dominazione austriaca aveva condotto tutto il Veneto. Insieme al disagio e alla miseria di questo momento, nei documenti è illustrata anche la “manovra daziaria”, che fu istituita per favorire l’importazione dei prodotti dai paesi esteri, come l’Ungheria, economicamente più deboli ma con maggiore influenza politica. Il vino, bene voluttuario, era naturalmente una delle merci più colpite dagli aggravi fiscali. Nonostante le severe pene previste per chi lo praticava, rimaneva comunque il fenomeno del contrabbando. Quello delle uve, che avveniva in genere attraverso la Valsugana e la Val d’Astico, è testimoniato anche da uno dei proclami francesi dove l’intero carico di una nave, una volta sequestrato, fu prontamente messo all’asta prima che l’uva si deteriorasse. Era frequente anche il contrabbando del vino, soprattutto del vino di Trebbiano, di Orvieto e di quelli più comuni.
L’aspetto ordinario e anche curioso, che però non tralascia di cogliere l’aspetto storico e sociale, è raccontato da una parte inedita dei bandi provenienti da tutta Italia. Si raccontano le realtà quotidiane, non solo del Veneto ma anche delle grandi città italiane vissute attraverso i vinattieri, le osterie, le taverne, le bettole: a Napoli, alla fine del Cinquecento, per una botte di Lagrima, il più apprezzato in questo periodo, si pagavano 11 ducati, ma si vendevano bene anche il rosso di Nola, l’Asprigno e il vino latino di Terra; a Roma, con il porto di Ripetta, arrivavano i vini per i nobili della capitale e per la comunità ecclesiastica che, avvalendosi del potere vaticano, ne disciplinava il regime fiscale beneficiando chiaramente anche degli introiti che ne derivavano.
La maggior parte del movimento delle merci avveniva utilizzando il commercio marittimo e fluviale ed era severamente proibito vendere vino al minuto sulle barche di passaggio. Milano controllava il commercio del vino in tutto il bacino del Lago Maggiore fino al confine con la provincia dei Grigioni e Venezia rappresentava il porto di smistamento verso tutta Europa di molti vini pregiati provenienti dalla Sicilia, dalla Spagna, dalla Grecia e che, nel Settecento, subirono un aumento dei dazi fino al dieci per cento. Tra questi vini, come ricorda anche nelle sue commedie Carlo Goldoni, il più ricercato a Venezia era la Malvasia, con locali omonimi in cui veniva distribuito a tutte le ore (l’unica restrizione agli orari delle osterie fu praticata, con i bandi promulgati all’inizio del Settecento, dalla Camera apostolica di Roma, dove si disponeva la chiusura di quelle che distribuivano vino dal 1 aprile al 30 settembre dopo le tre della notte). E però opportuno precisare, inoltre, che, a seconda del momento storico e dei conflitti in corso, anche i vini rientravano nella lista di quei prodotti che venivano messi fuori commercio, come riporta un documento del 1824 in cui furono “vietati” i vini spagnoli, francesi, portoghesi, della Franconia del Reno e del Levante con l‘eccezione dei vini di Cipro dell’Istria e della Dalmazia. Poco più tardi, alla metà del secolo, si affacciava in Italia la minaccia dell’oidio che comportò provvedimenti fiscali con esenzioni per sostenere i territori colpiti dalla malattia. Successivamente, i raccolti furono messi in pericolo dalla peronospora, e, in primo luogo, dalla fillossera. Così i bandi diventarono veri e propri strumenti di informazione su come combattere quelle che furono autentici flagelli per i vigneti italiani, dando istruzioni per la solforazione delle viti e per il loro innesto con le specie più resistenti.
Bandi, proclami ed editti che rappresentano una porzione della nostra storia da scoprire ed apprezzare foglio per foglio, nella collezione Zonin: perché solo di persona, ad esempio, potrete ammirare gli splendidi manifesti a colori che nel 1931 celebrarono la Festa nazionale dell’Uva !

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