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VINO: LA DOC STUDIA DA “MARCHIO DI IMPRESA”

Le doc studiano il modo di trasformarsi in brevetto per aggirare la decisione europea di “svendere” le denominazioni italiane. Dovrebbe essere varato in tempi brevi - si parla infatti di un mese poco più - il nuovo disegno di legge sulla riforma della legge quadro 164/92, che disciplina le denominazioni di origine. Il testo elaborato dal sottosegretario alle Politiche Agricole Teresio Delfino, è già stato discusso in Conferenza delle Regioni, dovrebbe presto approdare al Consiglio dei Ministri. Al centro della riforma un vero e proprio escamotage istituzionale per impedire l’arrivo del Brunello cileno, del Vinsanto argentino, dell’Amarone sudafricano o del Nobile australiano.

Il trucco: definire le doc del vino come un’opera dell’ingegno umano e come tale sottoporle a brevetto o trasformarle in marchi di proprietà. La riforma, comunque, non servirà solo a migliorare la protezione del vino italiano in campo internazionale, ma permetterà anche di rivedere alcuni aspetti operativi prettamente “domestici”. Nella bozza di legge “viene stabilita una graduatoria dei diversi marchi, nel senso che occorre prima ottenere la igt, poi la doc ed infine la docg. Viene, inoltre, definito in maniera più puntuale il ruolo delle amministrazioni regionali ed una serie di misure per snellire il funzionamento del Comitato Nazionale Vini”. In ponte rimangono poi altri aspetti che sono ancora in fase di discussione ma che dovrebbero trovare collocazione nella riforma di prossimo varo. Primo tra tutti il ruolo dei consorzi di tutela e le competenze in materia di controlli che dovrebbero rimanere di competenza delle Camere di Commercio e, infine, il raccordo tra questi soggetti.

Leonardo Roselli

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