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VINO: VENETO, PIEMONTE E TOSCANA GUIDANO LA CLASSIFICA DELL'EXPORT

Veneto, Piemonte e Toscana sono le regioni che guidano la classifica dei vini italiani esportati: lo rileva la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, analizzando i dati disaggregati delle esportazioni vinicole italiane.

Veneto, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia, Abruzzo e Piemonte, le prime sei regioni produttrici di vino, coprono annualmente più del 70% della produzione; le prime sei regioni esportatrici in valore, Veneto, Piemonte, Toscana, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Lombardia, coprono oltre l’85% del totale per un importo vicino ai 2,5 miliardi di euro, scompigliando notevolmente la graduatoria di chi produce di più rispetto a chi più esporta.

Purtroppo, con il sistema di rilevazione possibile dopo l’apertura delle frontiere intraeuropee non è più statisticamente rilevabile il flusso interno del volume e della provenienza originaria, ma - sottolinea la Cia - può essere solo rilevato il valore del vino esportato e per provenienza è rilevante quella della sede dell’esportatore.

Resta, invece, statisticamente rilevato il flusso verso i Paesi europei non appartenenti all’area di libera circolazione e quello verso i paesi terzi. Non è, quindi, da escludere che partite di vino, e questo vale soprattutto per quello sfuso, siano esportate da imprese con sede diversa rispetto alla origine regionale del prodotto. Si pensi, ad esempio a vini siciliani e pugliesi inviati in Veneto o Emilia Romagna e che poi vengono esportati.

Tuttavia, tra le regioni, la parte del leone spetta al Veneto che, oltre ad essere prima tra quelle produttrici, è prima assoluta - sottolinea la Cia - anche fra quelle esportatrici, con una quota vicina al 30% del totale. Con oltre il 17% del valore nazionale, segue il Piemonte e, pertanto la Toscana, poco sotto alla quota piemontese e il Trentino Alto Adige con quasi il 12%. L’Emilia Romagna e la Lombardia con abbondanti quote del 5% ciascuna, chiudono il club delle maggiori esportatrici. Le altre quattordici regioni, comprese Puglia e Sicilia, che in termini produttivi rappresentano quantitativi rilevanti, devono accontentarsi - conclude la Cia - di valori residuali, sebbene nell’ultimo periodo hanno conosciuto incrementi più importanti delle regioni tradizionalmente esportatrici.

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