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AUTORIZZAZIONI AI NUOVI IMPIAN

Autorizzazioni ai nuovi impianti: richieste per 63.500 ettari vitati, 6.522 quelli disponibili

Nuovi impianti vitati: c’è ancora distanza tra richieste e disponibilità, ma il limite dell’1% rimane. Le possibilità delle Regioni
AUTORIZZAZIONI, DIRITTI, IMPIANTO, Italia
Richieste Autorizzazioni Impianto Tabella 2018

Ammontano a 63.500 ettari le richieste di autorizzazioni a nuovi impianti viticoli arrivate dagli imprenditori del vino al Ministero delle Politiche Agricole: il minimo storico, dopo i 77.000 del 2016 ed i 163.000 del 2017, ma comunque dieci volte superiore ai 6.522 ettari disponibili, pari all’1% delle superfici vitate del Belpaese, limite imposto dal sistema autorizzativo entrato in vigore nel 2016. Iniziano a funzionare, quindi, quei correttivi e quelle restrizioni individuate dal Ministero delle Politiche Agricole e dalle Regioni, come ha spiegato a “Il Corriere Vinicolo” Felice Assenza, direttore generale delle Politiche Internazionali e dell’Unione europea del Ministero, pur con dei distinguo importanti tra Regione e Regione. Il limite dei 50 ettari, che può essere abbassato ulteriormente dalle Regioni, è stato un deterrente importante, specie in Veneto, dove le richieste si sono fermate a quota 7.541 ettari, meno di un decimo dei 90.000 del 2017, ma i dati della Puglia, dove le richieste hanno superato i 20.000 ettari, o della Sicilia, che ha toccato il record dei 12.600 ettari, dimostrano che il settore enoico vive dinamiche di crescita, almeno potenziale, dappertutto, slegate dal fenomeno Prosecco.
Il vino, del resto, è il prodotto agricolo più remunerativo che ci sia, e la crescita sui mercati lo rende appetibile a tanti imprenditori, specie dove si vivono le difficoltà degli altri settori. Analizzando la richiesta della Puglia, spiega Assenza, “dobbiamo considerare l’effetto Xylella che ha messo in seria difficoltà gli olivicoltori sia per i cali di produzione dovuti alla malattia, sia per le restrizioni produttive e costi di produzione lievitati, spingendoli verso la viticoltura. Un’altra riflessione riguarda, poi, la Sicilia, che è anch’essa al suo massimo storico di 12.653 ettari”. Certo, di strada da fare per armonizzare il sistema delle autorizzazione ce n’è ancora molta, ma sempre sul solco del limite pattuito con l’Europa, quell’1% che sembra stretto, ma che è comunque superiore al ritmo di crescita dei nostri competitor. “Ricordo - dice ancora il direttore generale delle Politiche Internazionali e dell’Unione europea del Ministero delle Politiche Agricole - che quando l’Italia portò a casa quel tetto fu considerato un successo alla luce del timore che si aveva di non superare lo 0,5%. Ma, in questo momento, occorre dire la verità: non sembra ci siano margini per una modifica da parte della Commissione Europea di questa percentuale dell’1%. Anche perché i nostri partner europei, come stiamo osservando, stanno utilizzando limiti più bassi, è il caso della Spagna ma anche della Francia”.
Resta ancora, evidentemente, qualcosa da limare, anche nel rapporto tra Ministero delle Politiche Agricole e Regioni, che hanno la possibilità di porre limiti più stringenti, specie sul tetto massimo, ma anche di “circoscrivere in maniera più efficace il territorio dove dirigere le richieste di sviluppo del potenziale viticolo. Questa potrebbe essere una novità, che non sta in capo a noi ma è nelle piene disponibilità delle Regioni. Ovvero, dimensionare la superficie viticola destinandola a quelle aree che sono più vocate: un cambio di passo che non implica un cambiamento della norma difficile da ipotizzare”, come spiega ancora Assenza. Insomma, senza forzare la mano, si può fare meglio, ma sempre appunto muovendosi “nelle pieghe di questo limite dell’1%, perché ci sono margini di miglioramento. Abbiamo chiesto alla Commissione Ue - continua Assenza - di considerare l’1% non solo come un dato che emerge dal vigneto Italia fotografato al 31 luglio dell’anno precedente, bensì di considerare il totale del potenziale che si desume anche dai diritti di impianto che i produttori hanno in tasca. Altro aspetto: ci troviamo di fronte a casi in cui alcune regioni invece che aumentare vedono diminuire il proprio potenziale viticolo, come il caso del Piemonte. Alla luce di questi dati - conclude Assenza - inviteremo la Commissione ad aprire una riflessione sull’ipotesi di costituire una sorta di riserva nazionale per evitare che il patrimonio viticolo diminuisca”.

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