Raccontare le controverse vicende delle cantine sociali del Tricolore significherebbe non solo farla sicuramente troppo lunga, ma anche arrovellarsi il fegato nell’acquisire coscienza di quante volte, in passato, tali strutture siano state veicolo di approssimazioni vitivinicole a basso costo, di grandi numeri e qualità inversamente proporzionali, di produzioni tirate via senza una filosofia coerente e lungimirante. Oggi non è più cosi, fortunatamente, almeno per un’ampia parte delle strutture cooperative: ma soprattutto va dato merito a quelli che già in tempi non sospetti avevano deciso di cavalcare la tigre della salvaguardia del territorio e della sua valorizzazione (volendo esprimersi con termini all’apparenza persino retorici). Fra questi la Cantina Santadi e il suo Carignano, in pieno Sulcis: vitigno in cui sono stati davvero i primi a credere e dal quale hanno saputo trarre campioni indiscussi della nostra enologia, decidendo in anni passati di avvalersi anche della consulenza di un certo Giacomo Tachis, maestro fra gli enologi e sardo anche lui. Elogiare il Terre Brune sarebbe fin troppo comodo e prevedibile, viste le onorificenze piovute da ogni dove: perché allora non prestare attenzione al Rocca Rubia, un’altra garanzia costante? C’è tutto il territorio: i caratteri ferrosi, il mirto, i piccoli frutti rossi e neri, il cuoio. E una bocca ampia, severa e corposa.
(Fabio Turchetti)
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