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NELLE LANGHE

La storia del piccolo vigneto di proprietà del Comune di Barolo, nel cru di Cannubi

1.600 metri quadri , fino ad oggi in concessione gratuita, ora estirpati per essere ripiantati. Il Comune: “saranno riassegnati, ma non gratis”

Nelle Langhe, uno dei territori enoici più famosi e celebrati al mondo, c’è un vigneto di proprietà comunale. Un vigneto storico, di soli 1.600 metri quadrati, in località Muscatel di Cannubi, tra i cru di Barolo, donato negli anni Ottanta da Luigi Rinaldi al Comune di Barolo, che, nel 2003, lo assegnò in comodato d’uso gratuito al vignaiolo Giulio Viglione. Adesso, 16 anni dopo, l’amministrazione comunale ha deciso di tornarne in possesso.
“Due mesi fa - racconta, a WineNews, l’assessore del Comune di Barolo, Federico Scarzello - abbiamo fatto estirpare il vigneto: l’idea iniziale era di ristrutturarlo, sostituendo le fallanze e mettendo a nuovo la struttura dei filari, per dare un aspetto più gradevole. Ma abbiamo fatto un sopralluogo e abbiamo notato che il numero dei ceppi da rimpiazzare era enormemente più grande dei ceppi che sarebbero rimasti superstiti. Visto che il vigneto aveva una struttura desueta e i lavori da fare per ristrutturarlo erano importanti, si è valutato più opportuno andare a fare un reimpianto e non una ristrutturazione. Avrei certamente preferito mantenere il vigneto, ma non c’erano le condizioni per farlo”.
“Molte piante - continua Scarzello - erano lasciate lunghe per andare a coprire con i tralci le diverse fallanze. C’erano delle viti propagate per propaggine, c’erano delle barbatelle che piantate in una vigna vecchia faticano a crescere. Nella parte bassa c’erano addirittura delle viti di Barbera che evidenziavano dei sintomi di flavescenza dorata. Tutte queste cose sommate ci hanno spinto a rifare il vigneto così come fanno tutti i viticoltori del mondo”.
Giulio Viglione, 74 anni, vignaiolo nato e cresciuto nelle Langhe, ha ricevuto la comunicazione dell’interruzione del comodato a gennaio 2020, quando aveva già compiuto la potatura. “Ma non è stato un fulmine a ciel sereno - precisa Scarzello - lo avevamo avvertito già negli scorsi anni. Lui, comunque, ha accettato senza farne un caso (ben più roboante, nei giorni scorsi, il titolo della comunicazione dell’associazione “Tripla A - Agricoltori Artigiani Artisti”, che riunisce artigiani del vino da tutta Italia: “Hanno espiantato le vigne antiche della Romanée-Conti italiana”). Quanto al patrimonio genetico del vigneto, mi permetto di dire che il Comune di Barolo non era nelle condizioni di fare una selezione massale, i tempi sarebbero stati troppo lunghi. La poteva semmai fare chi ha gestito il vigneto finora e non mi risulta sia stato fatto, anche perché alcune fallanze erano state rimpiazzate con delle barbatelle commerciali. Non c’era questa attenzione maniacale verso il patrimonio genetico del vigneto”. Una posizione, quella del Comune, che ovviamente trova un contraltare in quella del produttore e dell’associazione “Tripla A”, che, proprio ieri, sono tornati sul tema, in un nuovo articolo.
“Né Giulio Viglione né noi stessi - scrive Pietro Fasola - abbiamo fatto del danno una questione economica, ma piuttosto di perdita di un grande patrimonio per l’intero panorama vitivinicolo nazionale. Quanto alla nostra opinione, non esitiamo a riaffermarla. Le Triple “A” hanno una visione del vino che non ammette eccezioni. Per noi espiantare una vigna che contiene al suo interno piante di oltre 80 anni è e rimarrà pura follia, vedere istituzioni che non tutelano quelle che sono realtà uniche del settore è una profonda delusione. Spesso per giustificare interventi di questo tipo, vengono addotte motivazioni di necessità. Questa volta la “ragion di stato” sarebbe da trovarsi nelle condizioni del vigneto ritenute precarie. Noi abbiamo risentito Giulio Viglione e, anche se sulle dimensioni del terreno abbiamo commesso un errore che rettifichiamo (si tratta di 1.600 metri quadrati), Giulio sostiene che: il numero di fallanze era inferiore al 15%, il numero di piante di oltre 80 anni era maggiore del 50%, il numero di piante affette da flavescenza dorata era ammontabile a solo 4 o 5 viti prontamente reimpiantate. Peraltro se fossero attendibili i dati “molto critici” forniti da alcuni sulla condizione del vigneto, non si spiegherebbe come Giulio abbia prodotto una media di oltre 1.000 bottiglie l’anno (nell’annata 2019 sono 850 i litri di Barolo Cannubi prodotti, di cui alleghiamo documentazione). Secondo i limiti massimi consentiti dal disciplinare, in un terreno di 0,16 ha si potrebbero produrre fino a 896 litri di Barolo. Considerando le presunte piante malate, l’età delle vigne e la presenza di tre filari di Barbera all’interno del vigneto, ci si chiede come di fatto sia stato possibile raggiungere un tale volume di produzione. Dalle informazioni ricevute da Giulio, le condizioni del vigneto non erano così precarie come si vuol far credere per giustificarne l’espianto”.
Tra posizioni contrapposte, però, quello che è certo è che l’area rimarrà destinata alla viticoltura. Dopo alcuni lavori di manutenzione, stoppati adesso dall’emergenza sanitaria, verrà dato un periodo di riposo al terreno e poi sarà ripiantato, per assegnarlo in futuro ad un nuovo gestore. Non più a titolo gratuito, però, precisa l’assessore del Comune di Barolo, Scarzello, “perché sono cambiate le prospettive. Nel 2003 il Comune aveva dei ragionamenti da fare, oggi invece la destinazione è chiara e per questo ci siamo attivati per un intervento di ripristino”.
D’altronde, in pochi anni, il valore degli ettari vitati a Barolo a superato i 2 milioni di euro, con cifre anche superiori per i cru migliori. Ed anche una piccola frazione di vigneto, per un piccolo Comune come Barolo, che non arriva a 800 abitanti, può diventare una risorsa economica di non poco conto.

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