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VINO E SOCIALE A MONTALCINO

Tra i filari del Brunello di Tenute Silvio Nardi, rifugiati e richiedenti asilo nel progetto Icare

24 giovani migranti, tra lavoro e salute, protagonisti del progetto Ue con la Regione Toscana, che coinvolge la Cooperativa Sociale San Francesco

Che l’agricoltura più avanzata, come quella da cui nasce il vino, sia terra fertile anche per l’integrazione, attraverso il lavoro, la cultura, e la cultura del lavoro, è una certezza. Lo racconta già di suo la “babele linguistica”, nel senso della varietà, che si può riscontrare nelle vigne di tutta Italia, soprattutto in tempi di vendemmia. Ma, da qualche tempo, alcune imprese vinicole italiane, sposando la causa di un’altra eccellenza italiana che è quella del cosiddetto “terzo settore”, stanno facendo un salto di qualità in questo senso. E dopo avervi raccontato del progetto della cantina umbra che ha riscoperto il Sagrantino di Montefalco, Arnaldo Caprai, insieme alla Caritas di Foligno, e quello che a Bordeaux, in Francia, vede in campo Château Pédesclaux e l’associazione Ovale Citoyen, arriva dai filari del Brunello di Montalcino un’altra bella storia che coinvolge una delle più importanti realtà del territorio, la Tenute Silvio Nardi di Emilia Nardi, e la Asl Toscana Sud Est.
Il progetto si “Icare” (Integration & community care for asylum and refugees in emergency), ed è sostenuto da fondi europei intercettati dalla Regione Toscana, attuato dall’Asl Toscana sud est, che ha richiesto l’impiego di varie competenze, dall’agronomo alla psicologa, dagli esperti di medicina del lavoro a quelli della sicurezza sul luogo di lavoro, fino alla mediazione culturale e l’accompagnamento. E così 24 giovani migranti, richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale, che arrivano da Togo, Mali, Pakistan, Ghana, Nigeria, Guinea Bissau, Sierra Leone, Benin e Gambia, e che a Casal del Bosco, quartier generale delle Tenute Silvio Nardi, hanno iniziato un percorso partito imparando la potatura della vite e dell’olivo, ma che che vede in campo diversi professionisti: dall’agronomo alla psicologa, dagli esperti di medicina del lavoro a quelli della sicurezza sul luogo di lavoro, fino alla mediazione culturale e l’accompagnamento.

“È un’iniziativa che rispecchia il dna della nostra famiglia - ha commentato Emilia Nardi, presidente Tenute Silvio Nardi - il lavoro è fondamentale per ognuno di noi e mi è sembrato importante un’opportunità di formazione e inserimento a queste persone”, spiega la titolare della cantina, Emilia Nardi, figlia di Silvio Nardi, primo “forestiero” (anche se veniva dalla vicina Umbria) ad investire nel vino a Montalcino, nel 1958. L’obiettivo primario del progetto, che si sviluppa nell’arco di 6 mesi, è garantire la salute dei migranti, sottolinea il direttore dei servizi sociali dell’Asl Toscana sud est, Lia Simonetti, “e in questo quadro rientra la formazione per l’inserimento nel mondo del lavoro. Un finanziamento europeo ha sostenuto il progetto presentato dalla Regione, abbiamo trovato un’azienda disponibile e una cooperativa che ha saputo mettere insieme le professionalità per attivare un’azione a tutto campo: il risultato è favorire un approccio al mondo del lavoro con tutte le garanzie di formazione e sicurezza”. La cooperativa citata è la cooperativa agricola sociale San Francesco di Poggibonsi. “Il lavoro - afferma la presidente Nicola Peirce - è il primo passo per favorire un percorso di vera integrazione. Il nostro obiettivo è alzare la qualità della formazione di queste persone in modo che diventino autonome per le aziende, che hanno sempre bisogno di manodopera preparata”.
Per Stefania Magi, direttore Uos Medicina interculturale e percorsi di inclusione dell’Asl Toscana sud est, l’intento è anche quello di “sostenere la salute psico-fisica della persona attraverso la formazione professionale, garantendo conoscenze pratiche e teoriche spendibili sul territorio, per un inserimento lavorativo stabile”.
Secondo Maria Jose Caldes Pinilla, direttore del Centro salute globale della Regione Toscana e responsabile scientifica del progetto, “le azioni del progetto Icare sono parte integrante di un modello di salute che vede nel lavoro la chiave di volta per migliore le condizioni di vita delle persone. La possibilità di inserirsi all’interno di un percorso di formazione professionale significa offrire una speranza verso un futuro migliore, e la speranza restituisce dignità”. Un’altra bella storia che arriva del mondo del vino.

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